Napolitano (2013) e Mattarella (2022) in occasione della loro rielezione a Presidente della Repubblica

Un confronto tra le informazioni discutibili trasmesse in modo implicito

1 1

Per la seconda volta nella storia della Repubblica, la scorsa settimana abbiamo assistito alla rielezione del Capo dello Stato uscente. Le circostanze delle due rielezioni sono per alcuni aspetti simili: maggioranze parlamentari poco chiare, partiti incerti sul da farsi, uno stato di crisi che rende preoccupanti le condizioni socio-economiche del Paese. In entrambi i casi, il Presidente uscente ha posto fino alle prime fasi della votazione un deciso rifiuto all’ipotesi della rielezione, ed ha finito per accettare la richiesta dei partiti dopo che diverse fumate nere hanno reso evidente la mancanza di alternative.

Se le circostanze sono simili, molto diversi sono i discorsi dei due rieletti, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella. Il discorso di Napolitano del 2013, che abbiamo analizzato anche in un’altra occasione, si caratterizza per numerosi attacchi espliciti e impliciti al Parlamento. Ad esempio, evocando il “nulla di fatto” in materia di riforme, Napolitano redarguisce: “Su quei temi specifici ho speso tutti i possibili sforzi di persuasione, vanificati dalla sordità di forze politiche che pure mi hanno ora chiamato ad assumere un ulteriore carico di responsabilità per far uscire le istituzioni da uno stallo fatale”. In questo passaggio sono contenuti numerosi impliciti: l’espressione definita “la sordità di forze politiche” presuppone che alcune forze politiche che hanno sostenuto la rielezione di Napolitano siano state in passato sorde ai suoi suggerimenti, lasciando al tempo stesso vago a quali forze politiche si faccia riferimento. Inoltre, lo stesso passaggio implica che le forze politiche coinvolte, prima sorde ai moniti del Capo dello Stato e poi incapaci di far altro che chiedergli di restare, si siano comportate in modo irresponsabile e scellerato. Il verbo “far uscire” presuppone che le istituzioni si trovassero in uno stallo fatale: se è vero che di stallo si trattava, forse non tutti concordano sul fatto che senza l’intervento di Napolitano la circostanza si sarebbe rivelata addirittura “fatale” per le istituzioni repubblicane.

Tutt’altro tenore ha il discorso di Sergio Mattarella. Molto meno denso di contenuti impliciti, è anche sostanzialmente privo di attacchi diretti. Invece di concentrarsi sulle mancanze del Parlamento nel corso del settennato precedente e sulle correzioni da adottare, il discorso ha uno spirito più proiettivo e ispiratore, che richiama “noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica”. Tra i pochi contenuti impliciti, ve ne facciamo notare uno interessante, che si avvale di un meccanismo linguistico particolare: l’implicatura da lista. Mattarella dice: “Lo spirito di iniziativa degli italiani, la loro creatività e solidarietà, lo straordinario impegno delle nostre imprese, le scelte delle istituzioni ci hanno permesso di ripartire”. In questa frase, Mattarella elenca una serie di elementi indubbiamente positivi: lo spirito di iniziativa, la creatività e solidarietà, l’impegno delle imprese, e infine aggiunge alla lista “le scelte delle istituzioni”, un elemento la cui positività non è di per sé altrettanto evidente. Al contrario, se Mattarella avesse affermato esplicitamente “Le scelte delle istituzioni durante la pandemia sono state positive come l’impegno profuso dagli italiani”, probabilmente molti non sarebbero stati d’accordo. Ma se le scelte delle istituzioni stanno in una lista di elementi positivi, l’ascoltatore è meno portato ad attivare un giudizio critico, e accetterà più facilmente, senza nemmeno rendersene conto, l’idea che anch’esse debbano ricevere un giudizio positivo.

Signora Presidente, onorevoli deputati, onorevoli senatori, signori delegati delle regioni.

Lasciatemi innanzitutto esprimere, insieme con un omaggio, che in me viene da molto lontano, alle istituzioni che voi rappresentate, la gratitudine che vi debbo per avermi, con così largo suffragio, eletto Presidente della Repubblica.

È un segno di rinnovata fiducia che raccolgo comprendendone il senso, anche se sottopone a seria prova le mie forze, e apprezzo in modo particolare che mi sia venuto da tante e tanti nuovi eletti in Parlamento che appartengono a una generazione così distante, e non solo anagraficamente, dalla mia.

So che in tutto ciò si è riflesso qualcosa che mi tocca ancora più profondamente, e cioè la fiducia e l’affetto che ho visto in questi anni crescere verso di me e verso l’istituzione… E verso l’istituzione che rappresentavo tra grandi masse di cittadini, di italiani, uomini e donne di ogni età e di ogni regione, a cominciare da quanti ho incontrato nelle strade, nelle piazze, nei più diversi ambiti sociali e culturali, per rivivere insieme il farsi della nostra unità nazionale.

Come voi tutti sapete, non prevedevo di tornare in quest'aula per pronunciare un nuovo giuramento e messaggio da Presidente della Repubblica.

Avevo già nello scorso dicembre pubblicamente dichiarato di condividere l'autorevole convinzione che la non rielezione, al termine del settennato, è l'alternativa che meglio si conforma al nostro modello costituzionale di Presidente della Repubblica.

Avevo egualmente messo l'accento sull'esigenza di dare un segno di normalità e continuità istituzionale con una naturale successione nell'incarico di Capo dello Stato.

A queste ragioni e a quelle più strettamente personali, legate all'ovvio dato dell'età, se ne sono infine sovrapposte altre, rappresentatemi, dopo l'esito nullo di cinque votazioni in quest'aula di Montecitorio, in un clima sempre più teso, dagli esponenti di un ampio arco di forze parlamentari e dalla quasi totalità dei Presidenti delle Regioni.

Ed è vero che questi mi sono apparsi particolarmente sensibili alle incognite che possono percepirsi al livello delle istituzioni locali, maggiormente vicine ai cittadini, benché ora alle prese con pesanti ombre di corruzione e di lassismo.

Istituzioni che ascolto e rispetto, signori delegati delle Regioni, in quanto portatrici di una visione non accentratrice dello Stato, già presente nel Risorgimento e da perseguire finalmente con serietà e coerenza.

È emerso da tali incontri, nella mattinata di sabato, un drammatico allarme per il rischio ormai incombente di un avvitarsi del Parlamento in seduta comune nell'inconcludenza, nella impotenza ad adempiere al supremo compito costituzionale dell'elezione del Capo dello Stato.

Di qui l'appello che ho ritenuto di non poter declinare, per quanto potesse costarmi l'accoglierlo, mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del paese.

La rielezione, per un secondo mandato, del Presidente uscente, non si era mai verificata nella storia della Repubblica, pur non essendo esclusa dal dettato costituzionale, che in questo senso aveva lasciato, come si è significativamente notato, schiusa una finestra per tempi eccezionali.

Ci siamo dunque ritrovati insieme in una scelta pienamente legittima, ma eccezionale.

Perché senza precedenti è apparso il rischio che ho appena richiamato.

Senza precedenti e tanto più grave nella condizione di acuta difficoltà e perfino di emergenza che l'Italia sta vivendo in un contesto europeo e internazionale assai critico e per noi sempre più stringente.

Bisognava dunque offrire, al paese e al mondo, una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale, di vitalità istituzionale, di volontà di dare risposte ai nostri problemi, passando di qui una ritrovata fiducia in noi stessi e una rinnovata apertura di fiducia internazionale verso l'Italia.

È a questa prova che non mi sono sottratto.

Ma sapendo che quanto è accaduto qui nei giorni scorsi ha rappresentato il punto di arrivo di una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità.

Ne propongo una rapida sintesi, una sommaria rassegna.

Negli ultimi anni, a esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti, che si sono intrecciate con un'acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale, non si sono date soluzioni soddisfacenti.

Hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi.

Ecco che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento.

Quel tanto di correttivo e innovativo che si riusciva a fare nel senso della riduzione dei costi della politica, della trasparenza e della moralità nella vita pubblica è stato dunque facilmente ignorato o svalutato, e l'insoddisfazione e la protesta verso la politica, i partiti, il Parlamento, sono state con facilità (ma anche con molta leggerezza) alimentate e ingigantite da campagne di opinione demolitorie, da rappresentazioni unilaterali e indiscriminate in senso distruttivo del mondo dei politici, delle organizzazioni e delle istituzioni in cui essi si muovono.

Attenzione.

Il vostro applauso, quest'ultimo richiamo che ho sentito di dover esprimere non induca ad alcuna autoindulgenza, non dico solo i corresponsabili del diffondersi della corruzione nelle diverse sfere della politica e dell'amministrazione, ma nemmeno i responsabili di tanti nulla di fatto nel campo delle riforme.

Imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005.

Ancora pochi giorni fa, il Presidente Gallo ha dovuto ricordare come sia rimasta ignorata la raccomandazione della Corte Costituzionale a rivedere in particolare la norma relativa all'attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi.

La mancata revisione di quella legge ha prodotto una gara accanita per la conquista, sul filo del rasoio, di quell'abnorme premio, il cui vincitore ha finito per non riuscire a governare una simile sovra-rappresentanza in Parlamento.

Ed è un fatto, non certo imprevedibile, che quella legge ha provocato un risultato elettorale di difficile governabilità, e suscitato nuovamente frustrazione tra i cittadini per non aver potuto scegliere gli eletti.

Non meno imperdonabile resta il nulla di fatto in materia di sia pur limitate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione, faticosamente concordate e poi affossate, e peraltro mai giunte a infrangere il tabù del bicameralismo paritario.

Molto si potrebbe aggiungere, ma mi fermo qui, perché su quei temi specifici ho speso tutti i possibili sforzi di persuasione, vanificati dalla sordità di forze politiche che pure mi hanno ora chiamato ad assumere un ulteriore carico di responsabilità per far uscire le istituzioni da uno stallo fatale.

Ma ho il dovere di essere franco.

Se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese.

Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana.

Parlando a Rimini a una grande assemblea di giovani nell'agosto 2011, volli rendere esplicito il filo ispiratore delle celebrazioni del 150° della nascita del nostro Stato unitario, l'impegno a trasmettere piena coscienza di quel che l'Italia e gli italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato, e delle grandi riserve di risorse umane e morali, d'intelligenza e di lavoro di cui disponiamo.

E aggiunsi di aver voluto così suscitare orgoglio e fiducia perché le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto.

Questo ci dice la crisi che stiamo attraversando.

Crisi mondiale, crisi europea, e dentro questo quadro l'Italia, con i suoi punti di forza e con le sue debolezze, con il suo bagaglio di problemi antichi e recenti, di ordine istituzionale e politico, di ordine strutturale, sociale e civile.

Ecco, posso ripetere quelle parole di un anno e mezzo fa, sia per sollecitare tutti a parlare il linguaggio della verità, fuori di ogni banale distinzione e disputa tra pessimisti e ottimisti, sia per introdurre il discorso su un insieme di obbiettivi in materia di riforme istituzionali e di proposte per l'avvio di un nuovo sviluppo economico, più equo e sostenibile.

È un discorso che, anche per ovvie ragioni di misura di questo mio messaggio, posso solo rinviare ai documenti dei due gruppi di lavoro da me istituiti il 30 marzo scorso, documenti di cui non si può negare, se non per gusto di polemica intellettuale, la serietà e concretezza, anche perché essi hanno alle spalle elaborazioni sistematiche non solo delle istituzioni in cui operano i componenti dei due gruppi, ma anche di altre istituzioni e associazioni qualificate.

Se poi si ritiene che molte delle indicazioni contenute in quei testi fossero già acquisite, vuol dire che è tempo di passare in sede politica ai fatti.

Se si nota che, specie in materia istituzionale, sono state lasciate aperte diverse opzioni su vari temi, vuol dire che è tempo di fare delle scelte conclusive e si può naturalmente andare anche oltre, se si vuole, con il contributo di tutti.

Vorrei solo formulare, a commento, due osservazioni.

La prima riguarda la necessità che al perseguimento di obiettivi essenziali di riforma dei canali di partecipazione democratica e dei partiti politici e di riforma delle istituzioni rappresentative, dei rapporti tra Parlamento e Governo, tra Stato e regioni, si associ una forte attenzione per il rafforzamento e rinnovamento degli organi e dei poteri dello Stato.

A questi sono stato molto vicino negli ultimi sette anni e non occorre perciò che rinnovi oggi un formale omaggio, si tratti di Forze armate o di forze dell’ordine, della magistratura o di quella Corte che è suprema garanzia di costituzionalità delle leggi.

Occorre grande attenzione di fronte a esigenze di tutela della libertà e della sicurezza da nuove articolazioni criminali e da nuove pulsioni eversive e anche di fronte a fenomeni di tensione e disordine nei rapporti tra diversi poteri dello Stato e diverse istituzioni costituzionalmente rilevanti.

Signori Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica , signori parlamentari e delegati regionali .

Il Parlamento e i rappresentanti delle Regioni hanno preso la loro decisione .

È per me una nuova chiamata , inattesa , alla responsabilità , alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi .

Ritorno dunque di fronte a questa Assemblea , nel luogo più alto della rappresentanza democratica , dove la volontà popolare trova la sua massima espressione .

Vi ringrazio per la fiducia che mi avete manifestato chiamandomi per la seconda volta a rappresentare l’ unità della Repubblica .

Adempirò al mio dovere secondo i principi e le norme della Costituzione , cui ho appena rinnovato il giuramento di fedeltà , e a cui ho cercato di attenermi in ogni momento nei sette anni trascorsi .

La lettera e lo spirito della nostra Carta continueranno a essere il punto di riferimento della mia azione .

Il mio pensiero in questo momento è rivolto a tutte le italiane e a tutti gli italiani , di ogni età , di ogni regione , di ogni condizione sociale , di ogni orientamento politico , e in particolare a quelli più in sofferenza , che si attendono dalle istituzioni della Repubblica garanzia di diritti , rassicurazione , sostegno e risposte al loro disagio .

Queste attese sarebbero state fortemente compromesse dal prolungarsi di uno stato di profonda incertezza politica , e di tensioni le cui conseguenze avrebbero potuto mettere a rischio anche risorse decisive e le prospettive di rilancio del Paese , impegnato a uscire da una condizione di gravi difficoltà .

Leggo questa consapevolezza nel voto del Parlamento che ha concluso i giorni travagliati della scorsa settimana .

Travagliati per tutti , anche per me .

È questa stessa consapevolezza la ragione del mio sì , e sarà al centro del mio impegno di Presidente della nostra Repubblica nell’ assolvimento di questo nuovo mandato .

Nel momento in cui i Presidenti di Camera e Senato mi hanno comunicato l’ esito della votazione , ho parlato delle urgenze , sanitaria , economica , sociale , che ci interpellano .

Non possiamo permetterci ritardi , né incertezze .

La lotta contro il virus non è conclusa , la campagna di vaccinazione ha molto ridotto i rischi , ma non ci sono consentite disattenzioni .

È di piena evidenza come la ripresa di ogni attività sia legata alla diffusione dei vaccini , che proteggono noi stessi e gli altri .

Questo impegno si unisce a quello per la ripresa , per la costruzione del nostro futuro .

L’ Italia è un grande Paese .

Lo spirito di iniziativa degli italiani , la loro creatività e solidarietà , lo straordinario impegno delle nostre imprese , le scelte delle istituzioni ci hanno permesso di ripartire .

Hanno permesso all’ economia di raggiungere risultati che adesso ci collocano nel gruppo di testa dell’ Unione .

Ma questa ripresa , per consolidarsi e non risultare effimera , ha bisogno di progettualità , di innovazione , di investimenti nel capitale sociale , di un vero e proprio salto di efficienza del sistema-Paese .

Nuove difficoltà si presentano .

Le famiglie e le imprese dovranno fare i conti con gli aumenti del prezzo dell’ energia .

Preoccupa la scarsità e l’ aumento del prezzo di alcuni beni di importanza fondamentale per i settori produttivi .

Viviamo una fase straordinaria , in cui l’ agenda politica è in gran parte definita dalla strategia condivisa in sede europea .

L’ Italia è al centro dell’ impegno di ripresa dell’ Europa .

Siamo i maggiori beneficiari del programma Next Generation , e dobbiamo rilanciare l’ economia all’ insegna della sostenibilità e dell’ innovazione , nell’ ambito della transizione ecologica e digitale .

La stabilità di cui si avverte l’ esigenza è quindi fatta di dinamismo , di lavoro , di sforzo comune .

I tempi duri che siamo stati costretti a vivere ci hanno lasciato una lezione .

Dobbiamo dotarci di strumenti nuovi , per prevenire futuri possibili pericoli globali , per gestirne le conseguenze , per mettere in sicurezza i nostri concittadini .

L’ impresa alla quale si sta ponendo mano richiede il concorso di ciascuno .

Forze politiche e sociali , istituzioni locali e centrali , imprese e sindacati , amministrazione pubblica e libere professioni , giovani e anziani , città e zone interne , comunità insulari e montane .

Vi siamo tutti chiamati .

L’ esempio ci è stato offerto da medici , operatori sanitari , volontari , da chi ha garantito i servizi essenziali nei momenti più critici , dai sindaci , dalle Forze armate e dalle Forze dell’ ordine impegnate a sostenere la campagna vaccinale .

A tutti va riaffermata la nostra riconoscenza .

Questo è l’ orizzonte che abbiam davanti .

Dobbiamo disegnare e iniziare a costruire in questi prossimi anni l’ Italia del dopo emergenza .

È ancora tempo di un impegno comune per rendere più forte la nostra patria , ben oltre le difficoltà del momento .

Un’ Italia più giusta , più moderna , intensamente legata ai popoli amici che ci attorniano .

Un Paese che cresca in unità , in cui le disuguaglianze , territoriali e sociali , che attraversano le nostre comunità vengano meno .

Un’ Italia che offra ai suoi giovani percorsi di vita nello studio e nel lavoro per garantire la coesione del nostro popolo .

Un’ Italia che sappia superare il declino demografico cui l’ Europa sembra condannata .

Un’ Italia che tragga vantaggio dalla valorizzazione delle sue bellezze , offrendo il proprio modello di vita a quanti nel mondo guardano ad essa con ammirazione .

Un’ Italia impegnata nella difesa dell’ ambiente , della biodiversità , degli ecosistemi , consapevole delle responsabilità nei confronti delle future generazioni .

Una Repubblica capace di riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le loro istituzioni , libere e democratiche .

Rafforzare l’ Italia significa anche metterla in grado di orientare il processo per rilanciare l’ Europa , affinché questa divenga più efficiente e giusta , rendendo stabile e strutturale la svolta che è stata compiuta nei giorni più impegnativi della pandemia .

L’ apporto dell’ Italia non può mancare .

Servono idee , proposte , coerenza negli impegni assunti .

La Conferenza sul futuro dell’ Europa non può risolversi in un grigio passaggio privo di visione storica , ma deve essere l’ occasione per definire con coraggio una Unione protagonista nella comunità internazionale .

In aderenza alle scelte della nostra Costituzione , la Repubblica ha sempre perseguito una politica di pace .

In essa , con ferma adesione ai principi che ispirano l’ Organizzazione delle Nazioni Unite , il Trattato del Nord Atlantico , l’ Unione Europea , abbiamo costantemente promosso il dialogo reciprocamente rispettoso fra le diverse parti , affinché prevalessero i principi della cooperazione e della giustizia .

Da molti decenni i Paesi europei possono godere del dividendo di pace , concretizzato dall’ integrazione europea e accresciuto dal venir meno della Guerra fredda .

Non possiamo accettare che ora , senza neppure il pretesto della competizione fra sistemi politici ed economici differenti , si alzi nuovamente il vento dello scontro , in un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale .

Dobbiamo fare appello alle nostre risorse e a quelle dei Paesi alleati e amici affinché le esibizioni di forza lascino il posto al reciproco intendersi , affinché nessun popolo debba temere l’ aggressione da parte dei suoi vicini .

I popoli dell’ Unione Europea devono esser consapevoli che ad essi tocca un ruolo di sostegno ai processi di stabilizzazione e di pace nel martoriato panorama mediterraneo e medio-orientale .

Non si può sfuggire alle sfide della storia e alle relative responsabilità .

Su tutti questi temi all’ interno e nella dimensione internazionale è intensamente impegnato il Governo guidato dal presidente Draghi , nato con ampio sostegno parlamentare nel pieno dell’ emergenza , e ora proiettato a superarla , ponendo le basi di una stagione nuova di crescita sostenibile del nostro Paese e dell’ Europa .

Al Governo esprimo un convinto ringraziamento e gli auguri di buon lavoro .

I grandi cambiamenti che stiamo vivendo a livello mondiale impongono soluzioni rapide , innovative , lungimiranti , che guardino alla complessità dei problemi e non soltanto agli interessi particolari .

Una riflessione si propone anche sul funzionamento della nostra democrazia , a tutti i livelli .

Proprio la velocità dei cambiamenti richiama , ancora una volta , al bisogno di costante inveramento della democrazia .

Un’ autentica democrazia prevede il doveroso rispetto delle regole di formazione delle decisioni , discussione , partecipazione .

L’ esigenza di governare i cambiamenti , sempre più rapidi , richiede risposte tempestive .

Tempestività che va comunque sorretta da quell’indispensabile approfondimento dei temi che consente puntualità di scelte .

Occorre evitare che i problemi trovino soluzione senza l’ intervento delle istituzioni a tutela dell’ interesse generale .

Questa eventualità si traduce sempre a vantaggio di chi è in condizioni di maggior forza .

Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi , aggirando il processo democratico .

Su un altro piano , i regimi autoritari o autocratici tentano ingannevolmente di apparire a occhi superficiali più efficienti di quelli democratici , le cui decisioni , basate sul libero consenso e sul coinvolgimento sociale , sono invece più solide ed efficaci .

La sfida che si presenta a livello mondiale per la salvaguardia della democrazia riguarda tutti , e anzitutto le istituzioni .

Dipenderà in primo luogo dalla forza del Parlamento , dalla elevata qualità dell' attività che vi si svolge , dai necessari adeguamenti procedurali .

Vanno tenute unite due esigenze irrinunziabili .

Rispetto dei percorsi di garanzia democratica e , insieme , tempestività delle decisioni .

Per questo è cruciale il ruolo del Parlamento , come luogo della partecipazione .

Il luogo dove si costruisce il consenso attorno alle decisioni che si assumono , il luogo dove la politica riconosce , valorizza e immette nelle istituzioni ciò che di vivo emerge dalla società civile .

Così come è decisivo il ruolo e lo spazio delle autonomie .

Il pluralismo delle istituzioni , vissuto con spirito di collaborazione , come abbiamo visto nel corso dell’ emergenza pandemica , rafforza la democrazia e la società .

Non compete a me indicare percorsi riformatori da seguire .

Ma dobbiamo sapere che dalle risposte che saranno date a questi temi dipenderà la qualità della nostra democrazia .

Quel che appare comunque necessario nell’ indispensabile dialogo collaborativo tra Governo e Parlamento è che , particolarmente sugli atti fondamentali di governo del Paese , il Parlamento sia posto in condizione sempre di poterli esaminare e valutare con tempi adeguati .

La forzata compressione dei tempi parlamentari rappresenta un rischio non certo minore di ingiustificate e dannose dilatazioni dei tempi .

Appare anche necessario un ricorso ordinato alle diverse fonti normative , rispettoso dei limiti posti dalla Costituzione .

La qualità stessa e il prestigio della rappresentanza dipendono , in misura non marginale , dalla capacità dei partiti di esprimere ciò che emerge nei diversi ambiti della vita economica e sociale , di favorire la partecipazione , di allenare al confronto .

I partiti sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali .

Senza partiti coinvolgenti , così come senza corpi sociali intermedi , il cittadino si scopre solo e più indifeso .

Deve , il cittadino , poter far affidamento sulla politica come modalità civile , per esprimere le proprie idee e , insieme , la propria appartenenza alla Repubblica .

Il Parlamento ha davanti a sé un compito di grande importanza , perché attraverso nuove regole può favorire una stagione di partecipazione .

Anche sul piano etico e culturale è necessario , proprio nel momento della difficoltà , sollecitare questa passione che in tanti modi si esprime nella nostra comunità .

Tutti i giovani , in primo luogo , tutti , particolarmente loro , sentano sulle proprie spalle la responsabilità di prendere il futuro del Paese , portando nella politica e nelle istituzioni novità ed entusiasmo .

Rivolgo un saluto rispettoso alla Corte Costituzionale , presidio di garanzia dei principi della nostra Carta .

Nell’ inviare un saluto alle nostre Magistrature , elemento fondamentale del sistema costituzionale e della vita della società , mi preme sottolineare che un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia .

Per troppo tempo è divenuto un terreno di scontro , che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività .

Nella salvaguardia dei principi irrinunziabili di autonomia e di indipendenza della Magistratura , uno dei cardini della nostra Costituzione , l’ ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo della Magistratura devono corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità , come richiesto a buon titolo dai cittadini .

È indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento , affinché il Consiglio superiore della Magistratura possa svolgere appieno la funzione che gli è propria , valorizzando le indiscusse alte professionalità su cui la Magistratura può contare , superando logiche di appartenenza che , per dettato costituzionale , devono restare estranee all’ Ordine giudiziario .

Occorre , per questo , che venga recuperato un profondo rigore .

In sede di Consiglio Superiore , ho da tempo sottolineato che indipendenza e autonomia sono principi preziosi e basilari della Costituzione , ma che il loro presidio risiede nella coscienza dei cittadini .

Questo sentimento è fortemente indebolito , e va ritrovato con urgenza .

I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza , verso la giustizia e l’ Ordine giudiziario .

Neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili , che in contrasto con la certezza del diritto incidono sulla vita delle persone .

Va sempre avvertita la grande delicatezza della necessaria responsabilità che la Repubblica affida ai magistrati .

La Magistratura e l’ Avvocatura sono chiamate ad assicurare che il processo riformatore si realizzi , facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione giustizia , allineandola agli standard europei .

Alle Forze Armate , sempre più strumento di pace , elemento significativo nella politica internazionale della Repubblica , alle Forze dell’ ordine , garanzia di libertà nella sicurezza , esprimo il mio apprezzamento , unitamente al rinnovo del cordoglio per quanti han perduto la vita nell’ assolvere il proprio dovere .

Nel salutare il Corpo Diplomatico accreditato , ringrazio per l’ amicizia e la collaborazione espressa nei confronti del nostro Paese .

Ai numerosi nostri connazionali presenti nelle più diverse parti del globo va il mio saluto affettuoso , insieme al riconoscimento per il contributo che danno alla comprensione della identità italiana nel mondo .

A Papa Francesco , al cui magistero l’ Italia guarda con grande rispetto , esprimo i sentimenti di riconoscenza del popolo italiano .

Un messaggio di amicizia invio alle numerose comunità straniere presenti in Italia .

La loro affezione nei confronti del nostro Paese in cui hanno scelto di vivere e il loro apporto alla vita della nostra società sono preziosi .

L’ Italia è , per antonomasia , il Paese della bellezza , delle arti , della cultura .

Così nel resto del mondo guardano , fondatamente , verso di noi .

La cultura non è il superfluo .

È un elemento costitutivo della identità italiana .

Facciamo in modo che questo patrimonio di ingegno e di realizzazioni da preservare e sostenere divenga ancor più una risorsa capace di generare conoscenza , accrescimento morale e un fattore di sviluppo economico .

Risorsa importante , particolarmente per quei giovani che vedono nelle università , nella editoria , nelle arti , nel teatro , nella musica , nel cinema un approdo professionale in linea con le proprie aspirazioni .

Consentitemi di ricordare , per renderle omaggio , una grande protagonista dell' arte e del cinema nel nostro Paese , Monica Vitti .

Sosteniamo una scuola che sappia accogliere e trasmettere preparazione e cultura , come complesso dei valori e dei principi che fondano le ragioni del nostro stare insieme .

Scuola volta ad assicurare parità di condizioni e di opportunità .

Costruire un’ Italia più moderna è il nostro compito .

Ma affinché la modernità sorregga la qualità della vita e un modello sociale aperto , animato da libertà , diritti e solidarietà , è necessario assumere la lotta alle diseguaglianze e alle povertà come asse portante delle politiche pubbliche .

Nell’ ultimo periodo gli indici di occupazione sono saliti , ed è un dato importante , ma ancora tante donne sono escluse dal lavoro e la marginalità femminile costituisce uno dei fattori di rallentamento del nostro sviluppo , oltre che un segno di ritardo civile , culturale , umano .

Tanti , troppi giovani sono sovente costretti in lavori precari e malpagati , quando non confinati in periferie esistenziali .

È doveroso ascoltare la voce degli studenti , che avvertono tutte le difficoltà del loro domani e cercano di esprimere esigenze , domande volte a superare squilibri e contraddizioni .

La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo .

Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita , sono piuttosto il freno di ogni prospettiva reale di crescita .

Nostro compito , come prescrive la Costituzione , è rimuovere gli ostacoli .

Accanto alla dimensione sociale della dignità , c’ è un suo significato , etico e culturale , che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’ intera società .

La dignità .

Dignità è azzerare le morti sul lavoro , che feriscono la società .

Le morti sul lavoro feriscono la società , e la coscienza di ognuno di noi , perché la sicurezza del lavoro , di ogni lavoratore , riguarda il valore che attribuiamo alla vita .

Mai più tragedie come quella del giovane Lorenzo Parelli .

Ricordiamo tutti che era entrato in fabbrica per un progetto scuola-lavoro .

Quasi ogni giorno veniamo richiamati drammaticamente a questo primario dovere del nostro Paese .

Dignità è opporsi al razzismo e all’ antisemitismo , aggressioni intollerabili , non soltanto alle minoranze fatte oggetto di violenza , fisica o verbale , ma alla coscienza di ognuno di noi .

Dignità è impedire la violenza sulle donne , piaga profonda , inaccettabile , che deve essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura , dell’ educazione , dell’ esempio .

La nostra dignità è interrogata dalle migrazioni , soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita , quando neghiamo nei fatti dignità umana agli altri .

È anzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere senza tregua la tratta e la schiavitù degli esseri umani .

Dignità è diritto allo studio , lotta all’ abbandono scolastico , annullamento del divario tecnologico e digitale .

Dignità è rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine , e neppure possono essere privi di un ruolo che li coinvolga .

Dignità è contrastare le povertà , la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica la speranza di tante persone .

Dignità è non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità .

Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate , e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti .

Questa è anche la migliore garanzia di sicurezza .

Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare .

Confidiamo in un Paese capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita .

Dignità è un Paese libero dalle mafie , dal ricatto della criminalità , libero anche dalla complicità di chi fa finta di non vedere .

Dignità è assicurare e garantire il diritto dei cittadini a un’ informazione libera e indipendente .

La dignità , dunque , come pietra angolare del nostro impegno , della nostra passione civile .

A questo riguardo , concludendo , desidero ricordare in quest’ Aula il Presidente di un’ altra Assemblea parlamentare , quella europea , David Sassoli .

La sua testimonianza di uomo mite e coraggioso , sempre aperto al dialogo e capace di rappresentare le democratiche istituzioni ai livelli più alti , è entrata nell’ animo dei nostri concittadini .

" Auguri alla nostra speranza " sono state le sue ultime parole in pubblico .

Dopo aver appena detto : " La speranza siamo noi " .

Ecco , noi , insieme , responsabili del futuro della nostra Repubblica .

Viva la Repubblica , viva l’ Italia !

Condividi l'articolo:

Articoli correlati

L’implicito della settimana: Ikea: scopri la vaghezza accogliente della tua casa!

La lite sul Mes Meloni – Conte

Informazioni utili alla lettura

Ogni contenuto discutibile è evidenziato con un colore diverso che corrisponde al tipo di implicito linguistico usato dal parlante in quell’occasione. Il tipo di implicito è indicato nell’etichetta che compare al passaggio, e che ne esplicita anche la funzione comunicativa.

Ogni contenuto implicito serve a realizzare un certo obbiettivo nella comunicazione: cioè, è dotato di una Funzione comunicativa. Ad esempio: Autoelogio, Elogio di altri, Attacco, Difesa e Opinione personale. 

La Presupposizione è un contenuto presentato come se i destinatari ne fossero già al corrente: in questo modo non sono indotti a metterlo in discussione.

L’Implicatura è un contenuto che non è detto esplicitamente, ma è lasciato intuire. Poiché lo implica lui, il destinatario si accorge di meno che gli è stato trasmesso dall’emittente. 

Un’Espressione vaga è compatibile con molti diversi contenuti concreti, per cui è difficile accorgersi se essa sia falsa o esagerata.

Un Topic, per i linguisti, è un’informazione presentata come se se ne stesse già parlando, quindi come se fosse già abbastanza accettata nel discorso.