Walter Veltroni (2001) e Gianni Alemanno (2008) in campagna elettorale

Un confronto tra le informazioni discutibili trasmesse in modo implicito

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In vista dell’imminente campagna elettorale nella Capitale, riprendiamo oggi la nostra serie di confronti storici tra i sindaci di Roma: abbiamo infatti messo a confronto un comizio del 2001 di Walter Veltroni e uno del 2008 di Gianni Alemanno, entrambi pronunciati in campagne elettorali che li avrebbero visti vincitori.

Come negli altri discorsi di campagna elettorale che abbiamo analizzato (Rutelli vs. Raggi e Moratti vs. Sala), anche in questo caso nei discorsi di entrambi i politici è relativamente frequente l’uso delle implicature, ossia di frasi che apparentemente enunciano un contenuto ma hanno in realtà lo scopo di veicolarne un altro. Una delle strategie che possono produrre una implicatura è l’uso delle metafore: per screditare l’inesperto avversario Tajani senza nemmeno nominarlo, Veltroni dice che “Uno non può guidare un Boeing 747 se non ha mai guidato un motorino”.

Durante le campagne elettorali i politici ricorrono spesso anche a costruzioni vaghe: si muovono accuse ad attori non ben definiti, si fanno promesse un po’ fumose o, ancora, si evocano scenari desiderabili e lusinghieri ma che nella realtà dei fatti risultano poco definiti. Per solleticare l’orgoglio dei concittadini, Alemanno dichiara: “[Abbiamo] la speranza di una Roma diversa, di una Roma che riesca a cogliere tutte le opportunità, tutte le potenzialità che sono iscritte nel suo DNA”. L’immagine è affascinante, ma a una lettura non superficiale lascia dubbio a quali opportunità e potenzialità iscritte nel DNA di Roma si riferisca il politico. (Quale DNA, poi?)

Allora, sono i giorni decisivi, sono i giorni decisivi, e io sono contento che oggi qui ci sia quella stessa sensazione, quello stesso stato d'animo che io ho trovato fin dalle prime ore successive all'annuncio che sarebbe stato necessario il ballottaggio.

Combattività, voglia di reagire, e voglia di vincere nel prossimo turno del 27 maggio per avere un sindaco che continui l'esperienza condotta da Francesco Rutelli come sindaco di Roma.

Combattività, voglia di vincere, sicurezza.

Noi non siamo quelli che a cinque giorni dal voto sparano numeri, peraltro numeri non clamorosi.

Ho visto che oggi era annunciata, come al solito con grande fanfara, una conferenza stampa di Berlusconi e Tajani, il cui esito, al cui esito mi viene da dire "tutto qui?".

Tutto quello che Berlusconi ha da promettere per Roma sono quelle migliaia di miliardi che sono proposte nel testo, nelle indicazioni che Berlusconi ha dato?

Per me, per l'idea che ho di Roma, e per quello che Roma deve fare come grande capitale di uno stato federale, quelle cifre, quelle risorse, sono poche.

E io sono certo che Francesco Rutelli, Antonello Falomi, tutti i parlamentari nostri, presenteranno nella prossima finanziaria emendamenti per aumentare di molto le risorse finanziarie disponibili per la capitale d'Italia, per questa città che noi, che noi, non a chiacchiere, non a chiacchiere, ma in questi sette anni, lavorando duramente, come ha fatto Francesco e come ha fatto la sua giunta, e come abbiamo fatto noi al governo nazionale, perché qui sì, c'è stata sintonia, c'è stata sintonia perché c'era una intensità dello sforzo, per affrontare partite difficili come quella del giubileo.

C'è una sola cosa che a me manda veramente in bestia in una campagna elettorale, ed è quando i miei avversari, per cercare di raccattare qualche voto, cercano di raccontare un'immagine di Roma che danneggia la nostra città.

Cercano di dire che a Roma fa tutto schifo, che a Roma non funziona niente, e cercano di indicare non so più quale città in Europa come modello al quale Roma dovrebbe ispirarsi.

Roma si deve ispirare a qualcuno?

Roma, questa grande città che oggi per fortuna è diventata essa stessa un modello per nuove amministrazioni.

Bertrand Delanoë, sindaco di Parigi, chiede di studiare le esperienze di innovazione amministrativa che si sono determinate a Roma e noi, questa città, pur con le ferite che sono state prodotte nel passato da una certa difficoltà a governare il territorio e a dare certezze, regole e trasparenza, persino.

In questi sette anni abbiamo conosciuto la ripresa di Roma.

E allora, ve lo voglio dire, la mia impressione è molto netta e molto secca.

Il 27 maggio si decide qualcosa di importante.

Qualcosa di importante per il destino della nostra comunità.

Se Roma dovrà tornare ad essere, perché di questo si tratta, perché le persone sono le stesse, la città che era prima dell'esperienza di governo di Francesco Rutelli, con tutte le sue confusioni, i suoi disordini e i suoi problemi, e con la sua instabilità politica e con la sua difficoltà a fronteggiare le grandi questioni sociali, culturali, ambientali di Roma, o se invece a Roma dovrà continuare quest'opera di innovazione.

Noi abbiamo mandato in questa campagna elettorale un messaggio chiaro che io questa sera qui vorrei ribadire.

Il buon bilancio, non significa che a Roma non ci siano problemi, come è del tutto evidente che ci sono in tutte le grandi aree metropolitane del mondo, a New York, a Londra, a Parigi.

Le periferie non sono degli Eden, le periferie sono zone nelle quali si vive difficilmente, e quelle periferie, sono periferie che non sono nate spontaneamente, come noi diciamo.

Non sono quelle periferie alle quali la giunta ha dovuto portare acqua, luce e fogne nel corso di questi anni.

Sono periferie che comunque vivono una condizione difficile e io sento questo come il mio principale dovere per il futuro.

Di che cosa si occuperà in primo luogo il sindaco del centrosinistra?

Si occuperà di affrontare le due grandi questioni che a Roma sono aperte, e che riguardano la condizione di vita nelle periferie della città e le grandi questioni sociali, che riguardano chi ha di meno, chi vive in una condizione di disagio, chi affronta con maggiore difficoltà la sfida della vita quotidiana.

I risultati elettorali ci dicono che questo messaggio è arrivato.

Guardate, dobbiamo avere orgoglio dei nostri risultati, di quelli che abbiamo conquistato a livello politico e a livello amministrativo.

Io faccio il conto delle ultime elezioni.

Nel 1998 il centro-sinistra aveva il 2 per cento in meno del centrodestra.

Nel 1999 ha avuto il 4 per cento e nel 2000 ha avuto l'8 per cento, raddoppiava costantemente.

A queste elezioni, alle elezioni comunali di Roma, così come alle elezioni politiche, il centro-sinistra ha preso il 3 per cento in più del centrodestra, e il candidato sindaco del centrosinistra è in testa di tre punti, dimostrando anche di avere una capacità espansiva rispetto alle liste che lo hanno sostenuto, perché noi cresciamo di 2 punti percentuali, e il candidato del centrodestra ha preso il 2 per cento in meno delle sue liste.

Ora, domenica 27 si voterà su due persone.

Non bisogna votare i partiti, bisogna votare due persone, bisogna votare due programmi, due sistemi di valori, e fatemi dire anche due esperienze, e io voglio, con molta forza, sostenere due argomenti.

Primo argomento: è davvero utile che a Roma sia tutto dello stesso colore, governo nazionale, giunta regionale, giunta provinciale, giunta comunale?

È utile, è utile per il futuro di Roma?

Lasciamo stare considerazioni politiche, parlo del futuro della mia città, parlo dell'autorevolezza con la quale si può rappresentare Roma, se c'è una dialettica.

E allora Roma può avere la garanzia di non essere strumento di scambio per un governo che adesso dice quelle cose, ma poi io lo voglio vedere in parlamento Bossi, che voleva bruciare Roma, votare provvedimenti a favore della capitale.

Noi, noi dobbiamo rivendicare l'autorevolezza e la forza con la quale Roma deve essere condotta, e questa è la seconda questione.

Io non faccio considerazioni di merito tra i due candidati, non sarebbe corretto e non le voglio fare certo non da parte mia, voglio però dire una cosa: Roma è una specie di grande aereo, il più grande aereo italiano a rappresentare, diciamo, la dimensione delle varie città.

Su questo aereo, il pilota deve sapere che cosa fa.

Se è un Boeing 747, e Roma è il Boeing 747 dell'Italia, non si può mettere a pilotare il Boeing 747 chi non ha mai guidato neanche un motorino, chi non ha mai fatto un'esperienza amministrativa, chi non ha mai amministrato neanche un condominio.

Io sono stato, io sono stato dieci anni consigliere comunale, quando sindaco di Roma è stato Luigi Petroselli, e sono stato, e sono stato vicepresidente del consiglio con Romano Prodi, e sono stato ministro dei beni culturali e penso di aver fatto, per la mia città, molte cose in più delle chiacchiere che vengono fatte durante la campagna elettorale.

Il mio candidato vicesindaco, Enrico Gasbarra, è stato presidente di circoscrizione, consigliere regionale, assessore al commercio.

Questo siamo noi, questo patrimonio di esperienza e di sicurezza possiamo mettere a disposizione di Roma.

Su quell'aereo, ci siamo seduti in 2 milioni e 600 mila, e se il pilota non sa guidarlo, siamo tutti a rischio.

Ecco allora qual è il messaggio che io vorrei dare: la Roma che noi vogliamo fare, la Roma moderna e solidale, la Roma che riparte dalle periferie e dei problemi sociali, la Roma che rifà il suo sistema fiscale.

Guardate noi abbiamo avanzato una proposta rilevante in questi giorni, rilevante perché concreta e realistica, di rivedere l'ICI.

Noi abbatteremo completamente l'ICI per 8 mila famiglie bisognose, e dimezzeremo l'ICI per quelle famiglie che hanno un reddito medio e basso, e per quelle famiglie che hanno un numero di figli elevato, e soprattutto, lo voglio dire qui, in questo quartiere, in questa circoscrizione, anzi, in questa municipalità che Enzo Puro guiderà con la stessa forza con la quale l'ha guidata nel corso di questi anni e che i cittadini gli hanno riconosciuto, noi cambieremo gli indici delle rendite catastali, che sono quelle sulle basi delle quali si calcola l'ICI, e che oggi stabiliscono che una casa di Piazza di Spagna valga tanto quanto una casa del Prenestino, il che non può essere, non deve essere e non sarà più.

E poi, e poi abbiamo annunciato che cancelleremo per i commercianti le tasse sulle insegne e persino le tasse sull'ombra che ci sono per le tende.

E perché potremo farlo?

Non perché facciamo la demagogia pre-elettorale.

Ci hanno detto prima delle elezioni che avrebbero abolito l'IRAP, l'hanno detto agli italiani, hanno ottenuto il loro voto su questo, e due giorni dopo, non dico un mese, ma due giorni dopo hanno già detto che non aboliranno l'IRAP.

Io invece quello che dico farò, e se lo potrò fare è perché la giunta guidata da Francesco Rutelli ha creato le condizioni di una lotta all'evasione che dà al comune ogni anno 100 miliardi, che noi restituiremo ai cittadini più poveri, alle famiglie di reddito medio-basso e alle imprese che generano ricchezza.

Noi vogliamo una Roma più moderna e più solidale, e siamo a un passo dal raggiungimento di questo obiettivo.

Io l'invito che mi sento di fare a tutti voi è lo stesso invito che ha fatto Francesco.

Siete tanti, tantissimi stasera, siete anche sparsi, io mi scuso per quelli ai quali abbiamo voltato le spalle ma che saluto con grande affetto, noi abbiamo bisogno che si torni tutti a votare.

Lo so, è stato uno spettacolo indecoroso, e penso che abbia avuto anche un effetto sul risultato elettorale, perché non si può tenere per ore la gente in attesa di esercitare il suo diritto democratico, e credo che l'intero paese debba dire grazie a quegli straordinari elettori che hanno aspettato in fila un'ora e mezza, due ore per esercitare un diritto democratico, ma non può funzionare così.

Domenica 27, io ho già scritto al commissario Mosino, perché domenica 27 ci siano più cabine elettorali, ci siano i servizi, anche se probabilmente non ce ne sarà bisogno, perché si vota qui in questa circoscrizione con una sola scheda in cui bisogna fare la croce su uno dei due nomi, in altre circoscrizioni si vota su due schede, quindi le operazioni saranno rapide, però io stasera vi voglio rivolgere un appello.

Però credetemi, un appello che vi prego veramente di tradurre in azione, mancano otto giorni, nove giorni, ciascuno di voi prenda in carico 10, 15, 20 nominativi, e si preoccupi di garantire la partecipazione di questi al voto.

Se voi farete questo tanti quanti siete stasera e quelli che incontriamo in questa ripresa di orgoglio e di combattività in tutta Roma, e noi potremo raggiungere un grande risultato, un grande risultato.

E non sarà il risultato mio, di Enrico Gasbarra, o di chi come Francesco ci sta dando un contributo pari all'intensità con la quale ha ben condotto la campagna elettorale nazionale, e credo che tutti lo dobbiamo ringraziare di questo.

No, se vinceremo il 27 maggio, il risultato sarà non solo nostro, ma sarà di tutti voi, sarà di tutte le donne e di tutti gli uomini, di tutte le ragazze e di tutti i ragazzi che prendono in mano il destino della loro città, che vogliono un sindaco vero, che vogliono un sindaco che possa decidere, che abbia l'autorevolezza e la forza per rappresentare Roma, che non sia subalterno a nessun altro potere, che non sia, come dice Francesco, un pilota automatico.

Noi, noi abbiamo bisogno di rendere ancora più grande Roma.

È la nostra città.

È la città che amiamo.

E io voglio concludere così, ribadendo qualcosa che dovrebbe, nella vita politica italiana, suonare come un'anomalia.

Io sono stato, e sono ancora fino a lunedì prossimo, a lunedì 28, il segretario del partito che era il partito di maggioranza di governo in questo paese.

Io ho annunciato, nel momento stesso in cui mi sono candidato, ho accettato la candidatura, che non avrei più fatto il segretario del partito.

E ho detto anche di più: ho detto che, nonostante io sia stato eletto in parlamento, perché mi sono voluto candidare per dare una mano a Francesco, alla coalizione, anche al mio partito, io, quale che sia l'esito del ballottaggio, non andrò in parlamento, ma resterò in comune a rappresentare le idee, i valori e le ragioni per le quali mi sto battendo in questa campagna elettorale.

Non succede frequentemente nella vita politica italiana.

Questo vi dice qual è l'amore e la passione per questa città, ed è pensando al futuro di Roma, ed è pensando alla Roma che potremmo fare noi, e alla Roma che farebbero loro, e a quello che sarebbe soprattutto delle periferie e della politica sociale, della vita culturale e dell'ambiente, che io mi sento di dire stringiamoci, mettiamoci in movimento, ciascuno di noi prenda la campagna elettorale, sia il capo della mia campagna elettorale, siete tutti i capi della mia campagna elettorale.

Vinceremo insieme, vinceremo insieme il 27 di maggio e continueremo a cambiare la nostra città.

Allora, grazie.

Grazie a Daniela di questo invito.

Per me, veramente, è un onore parlare in questa sala che ormai è diventata una sorta di centro, di luogo, di grande agorà del dibattito pubblico di questa città.

In questa sala avvengono convegni importanti, incontri importanti - grazie: ho la moglie che mi fa da portatrice d'acqua, grazie.

E quindi, dicevo, per me è un onore essere qua ed essere ospite di Daniela Memmo.

Io penso che nel dibattito che stiamo creando in questi giorni, nella campagna elettorale, ci siano due immagini compresenti: da un lato, il problema dell'emergenza, il problema del degrado, il problema della sicurezza e dall'altro lato, la speranza di una Roma diversa, di una Roma che sia veramente a carattere internazionale e di una Roma che riesca a cogliere tutte le opportunità, tutte le potenzialità che sono iscritte nel suo DNA.

Sono due temi che spesso vengono tenuti separati ma che in realtà sono strettamente attinenti, strettamente collegati.

Io spesso parlo dell'emergenza, anzi parlo principalmente dell'emergenza e so, magari, di attirarmi anche la critica per cui uno dice: "Ecco, uno vuole essere il sindaco delle buche, vuole essere sindaco delle diverse emergenze e non pensa ai grandi progetti".

Anche ieri, nel dibattito televisivo, Rutelli ha provato a usare questa argomentazione.

Ma c'è un dato di fondo di cui io sono pienamente convinto e penso di poter avere il vostro consenso.

Vedete, se voi avete un figlio che dice: "Io voglio fare l'astronauta, voglio fare il professionista, voglio fare l'artista e altre cose", cosa gli dite?

Gli dite: "Svegliati la mattina, segui una disciplina, dai un'impostazione di fondo alla tua vita perché da questa disciplina elementare quotidiana costruirai i grandi progetti del tuo futuro".

Bene, io credo che alla nostra città, ma in particolare all'amministrazione di questa nostra città, deve essere fatto lo stesso tipo di ragionamento.

Forse, se leviamo questo sottofondo, viene anche meglio, grazie.

Ah, è fuori, è fuori, è il concerto di fuori, vi chiedo scusa.

Allora, dicevo che questa realtà è una realtà che deve partire da una capacità di rimettere sotto controllo la nostra vita cittadina e riuscire a realizzare un progetto che è fondamentale.

Cosa sta avvenendo nella nostra città?

La nostra città è su un crinale pericoloso perché 15 anni di buonismo, 15 anni di atteggiamenti lassisti, di ipocrisia, hanno determinato dentro la nostra città una sorta di processo a catena di tipo negativo.

Si è sparsa la voce in tutta Europa, in tutto il Mediterraneo, che a Roma si può venire a fare quello che a ognuno gli pare, questa voce attrae nella nostra città flussi migratori negativi - perché esistono anche i flussi migratori positivi e nessuno li vuol negare - e questo meccanismo ha fatto sì che tutte le condizioni fondamentali di vita della città sono saltate.

Veltroni, da questo punto di vista, ha fatto una scelta lucida, perché ha pensato e ha realizzato una sorta di distacco dalla realtà.

Lui ha rappresentato in maniera molto abile, molto elegante, uno scenario idilliaco, ha scaricato ogni responsabilità sul governo centrale - ogni volta che c'era un problema era sempre colpa di Berlusconi, era sempre colpa del governo di centro-destra, poi, quando quest'alibi è stato sottratto, non ha più molto funzionato - e ha operato questo distacco.

Per cui, cosa succedeva?

Se un tassista veniva aggredito, lui correva e la notizia il giorno dopo non era "l'ennesima aggressione", ma era il fatto che il sindaco era andato a portare solidarietà al tassista aggredito.

Se una donna veniva violentata, Veltroni correva e faceva la, si costituiva parte civile nei processi e quindi la notizia non era "la violenza a quella donna", era il sindaco che era così buono e così bravo da fare e da costituirsi parte civile rispetto a questa realtà.

Un abile distacco dalla realtà che guardate, in questi due anni in cui io ho fatto da capo dell'opposizione in Campidoglio, abbiamo cercato di contrastare.

Io gli ho parlato più volte, a Veltroni, gli ho detto: "Guarda, stai attento", ma gliel'ho detto anche a quattr'occhi, "Stai attento perché questa città sta andando fuori controllo, stai attento perché non ti stai rendendo conto della realtà".

Per due volte abbiamo fatto consigli comunali straordinari in questi due anni, in cui abbiamo posto questi problemi e Veltroni insieme a Achille Serra, ieri prefetto di Roma, oggi - non a caso - deputato del Partito Democratico, sono venuti lì a dirci: "Roma è una città sicura, è la destra che semina il panico".

Queste sono state le realtà.

Allora, vedete, di fronte a queste situazioni, va dato un segnale di svolta.

E un segnale di svolta chiaro, netto, che non lasci dubbi.

Da questo punto di vista, non c'è nessun continuismo possibile ed è impensabile affidare ancora la città a chi rappresenta lo stesso blocco di potere, e tra l'altro lo rappresenta in maniera ancora più stanca, e cioè: Francesco Rutelli.

Noi dobbiamo dare segnali precisi.

Noi dobbiamo dare dei segnali precisi che partano da un meccanismo di espulsioni, allontanamenti dei cittadini non italiani che hanno commesso reati.

Vedete, ci sono dati della questura molto precisi: ogni anno ci sono 35.000, 36.000 denunciati nella città di Roma, nel comune di Roma, di questi - sistematicamente - circa 20.000 sono cittadini non italiani.

Ora, queste persone, anche se non vengono condannate, anche se loro, nel lunghissimo corso della giustizia italiana non si arriva alla condanna, quando vengono rimesse in libertà o quando stanno in libertà, non possono rimanere sul nostro territorio cittadino, sul nostro territorio nazionale: devono essere espulse.

E questo è il primo segnale ineliminabile.

Secondo discorso: un patto vero sulla sicurezza a Roma da sottoscrivere con il governo.

Noi abbiamo fatto un patto con Roma, sottoscritto dal presidente Fini, dal presidente Berlusconi, oltre che da me e da Antoniozzi, in questo patto ci è detto con chiarezza che noi dobbiamo dislocare uomini in divisa che possono - poliziotti, carabinieri, vigili urbani -, che possono presidiare tutti i punti sensibili.

Io sono contrario sia all'ipotesi del braccialetto, sia all'ipotesi delle ronde dei cittadini perché a me non piace, a noi non piace una giustizia fai da te.

Non ci piace il braccialetto perché ci sembra una orribile umiliazione per le donne, oltre a essere una cosa ridicola in sé e, quindi, la respingiamo anche per un versante etico.

Ma non accettiamo neanche l'idea delle ronde perché, in realtà, la sicurezza la devono garantire persone in divisa che devono stare in tutti i posti sensibili.

Io sono stato, il giorno dopo l'aggressione alla studentessa del Lesotho, a vedere la stazione di La Storta, dove è stata fatta l'aggressione, ebbene, ho potuto constatare che lì non c'era né un poliziotto, né un carabiniere, né un vigile, né un addetto alle ferrovie dello stato, nessuno, il deserto dei tartari, un deserto terribile, assoluto, con impianti di illuminazione che funzionavano male, senza nessuna telecamera, senza nessuna, niente, ho visto tutto questo.

E quella stazione era stata indicata nell'elenco del XX Municipio delle stazioni a rischio ed era stato mandato a Veltroni, Veltroni si era impegnato con i suoi assessori a fare qualcosa, non è stato fatto niente.

Bene, tutte queste realtà indicano che ci vuole un patto con la sicurezza per ridistribuire la presenza di personale in divisa sul territorio e, infine, un commissario governativo, un commissario straordinario che gestisca tutto questo processo lavorando 24 ore su 24 a fianco al sindaco per dare questo segnale.

Se noi facciamo questo, il meccanismo si inverte.

Guardate che nel mese in cui il decreto legge sulle espulsioni e la sicurezza, fatto da Prodi su richiesta di Veltroni, è sembrato una cosa seria, in quell'unico mese che sembrava una cosa seria, già solo quell'effetto annuncia che è ridotto il numero dei reati e il numero di ingressi su Roma, già solo quello.

Immaginatevi se non riusciamo a dare un segnale forte e chiaro, da questo punto di vista.

E insieme a questo, l'altro segnale forte che deve essere dato: uno smantellamento del sistema di potere che è stato costruito in questi 15 anni su Roma.

Amici, io dicevo: "Come mai torna Rutelli?"

Beh, torna Rutelli da un lato perché non hanno costruito una classe dirigente per il futuro, dopo 15 anni non hanno un nome nuovo da lanciare per la città di Roma.

Ma dall'altro lato, il problema vero è che Goffredo Bettini - che è il grande regista di questo gruppo di potere - non vuole muovere nulla, vuole l'immobilismo assoluto, perché si è creato una cupola attorno a cui ruotano circa 5.000 clientes - fra clientes di partito, clientes di cooperative, clientes di sindacato - che vivono, che vivono, attorno a questo sistema di potere, sulle spalle di Roma.

Bisogna rompere questo meccanismo, il ricambio è necessario per aprire questa realtà.

Il che non significa prendersela coi dipendenti comunali, prendersela con i dirigenti comunali, con l'apparato pubblico.

Vedete, la sinistra è molto brava a rovesciare l'ordine dei fattori: se uno critica Rutelli e Veltroni, quelli rispondono: "Stai criticando Roma, stai offendendo Roma".

Se uno dice: "Liberiamoci del sistema di potere e del sistema clientelare che è stato costruito su Roma", ci dicono: "Voi volete mettere in discussione i posti e i ruoli dei dipendenti comunali o dei dirigenti comunali".

È esattamente il contrario.

Perché Rutelli è stato condannato con le famose consulenze?

Voi sapete che la Cassazione ha condannato Rutelli a pagare 64.000 euro di multa e tutta la sua giunta, complessivamente, 560.000 euro di multa per le consulenze, per danno erariale fatto con le consulenze da Rutelli.

Questo nell'anno 1994, appena insediato.

Perché questo?

Cos'era successo?

Era successo questo: che Rutelli, appena insediato, ha creato una sorta di dirigenza ombra sulla testa del comune di Roma, a fianco a ogni dirigente comunale ha nominato un consulente che svuotava di funzione quel direttore, quel dirigente comunale, e andava a coprire tutti gli addentellati dell'apparato.

E sono stati condannati, prima la Corte dei conti e poi la Cassazione con sentenza ultimativa, sono stati condannati per danno erariale proprio perché la Corte dei conti e la Cassazione ha riconosciuto il carattere politico e clientelare di quella operazione.

Sono stati loro che hanno delegittimato la struttura comunale e la struttura burocratica che deve reggere il comune di Roma, sono loro che li hanno demotivati e li hanno, magari, portati a dare delle performance negative nella città di Roma.

Noi dobbiamo voltare pagina, questo è il nostro impegno.

Se voltiamo pagina, Roma mette le ali, Roma mette le ali.

Perché quando loro dicono: "Bossi, Calderoli sono i nemici di Roma, Milano, Roma, eccetera", ma quale città al mondo, quale città in Europa, con tutto il rispetto di Milano, può eguagliare Roma nelle sue realtà fondamentali?

Chi può pensare una cosa di questo genere?

Roma diventa soggetto sotto concorrenza se viene amministrata male.

Se Roma viene avvolta nel degrado e nell'inefficienza, allora sì che può essere insidiata da Milano, insidiata da Madrid, da Berlino, da Parigi, eccetera - domani magari dal Cairo o da altre città del Medio Oriente o del Nordafrica.

Quindi i nemici di Roma, il problema di Roma non sono Bossi e Calderoli.

I nemici di Roma sono Veltroni e Rutelli, perché amministrano male la nostra città, questo è il problema fondamentale.

Allora, io dicevo: se noi rompiamo questo meccanismo, la nostra città decolla.

E noi abbiamo dei progetti precisi da questo punto di vista.

Noi vogliamo che Roma divenga realmente la capitale del nostro stato, in termini pieni: deve essere la capitale della repubblica, si deve sentire, quando si entra a Roma, che si è entrati nella capitale della repubblica.

Ed è per questo che abbiamo lanciato la proposta sottoscritta da Berlusconi e da Fini di fare il distretto federale di Roma Capitale, per dare veramente, finalmente, poteri speciali a Roma, che non può essere amministrata dalla stessa struttura che vale per il comune di Canicattì o per qualche altro comune di 5 o 10.000 abitanti.

Noi dobbiamo fare il distretto federale perché questo nuovo ente locale andrà a unire i poteri del comune, della provincia, a una parte dei poteri della regione e anche dello stato, per creare un governatorato forte sulla realtà di Roma, un'unica autorità che snellisca le burocrazie, che riduca le tasse, che dia un rapporto chiaro con i cittadini, questa è la nostra intenzione.

Perché sono 20 anni, 30 anni che si parla di poteri speciali per Roma, è dagli anni '80, dai tempi di Bettino Craxi che fu fatta la prima legge su Roma Capitale e da allora non si è più riusciti ad affrontare e a risolvere questo problema.

Roma deve avere dei poteri straordinari, un assetto istituzionale diverso, adeguato a una grande capitale europea, come avviene a Parigi, come avviene a Madrid, come - per altri versi - avviene a Berlino.

E questo è il primo grande progetto, anche perché così potremo trasformare Roma in un soggetto di federalismo fiscale.

Sapete, nei progetti del Popolo della Libertà c'è il federalismo fiscale.

Ebbene, il federalismo fiscale significa trattenere sul territorio una parte delle tasse che paghiamo.

Questo è importante non solo per le regioni del nord, è importante anche a Roma, perché noi paghiamo molte più tasse di quello che ci torna indietro coi trasferimenti statali, e quindi il federalismo fiscale serve anche a noi.

Noi vogliamo il federalismo fiscale per poter ridurre le tasse e per poter avere le risorse per fare le grandi trasformazioni di Roma.

E questo vale a livello nazionale.

Poi c'è un livello europeo, un livello europeo che vale sulla capacità di Roma di entrare nel network delle grandi metropoli globali, e vale anche per il Mediterraneo.

Roma ha quella invidiabile condizione di essere al centro del Mediterraneo.

Se noi sviluppiamo dei poli di eccellenza in questa città e utilizziamo le grandi potenzialità che ci stanno in campo sanitario, in campo universitario, come i servizi per le imprese e per l'industria, se facciamo questo sforzo, Roma torna a essere il centro naturale del Mediterraneo.

È qua che si deve venire a studiare, a curarsi, a creare una classe dirigente per tutti i paesi del Mediterraneo.

Non bisogna scavalcare Roma e andare verso il Nord Europa: qua c'è la realtà, se noi offriamo questi poli di eccellenza e qualifichiamo Roma.

E infine, la dimensione universale.

Roma è la capitale mondiale della storia dell'arte e della cultura.

Questa capitale mondiale non è conosciuta, il turismo che viene qui di cui tanto si vantano Rutelli e Veltroni è un turismo mordi e fuggi, che vede 5 monumenti, 6 monumenti e poi scappa via, che non conosce la enorme, complessa stratificazione culturale che c'è in questa città.

Noi - pensate - a Roma non abbiamo neanche un museo della città di Roma, della storia della città di Roma nel suo complesso, che racconti la storia di Roma dalla sua fondazione fino ai giorni nostri, diventando, in qualche modo, il passepartout per i turisti e per gli stessi cittadini romani che possono e debbono conoscere questi vari aspetti della realtà romana, in maniera tale da poter conoscere non soltanto la romanità antica ma il Rinascimento, tutte le varie realtà che si sono sedimentate incredibilmente in questa città.

Noi abbiamo bisogno di un grande processo di valorizzazione, che però non sia volto solo al passato.

Essere capitale della cultura significa diventare la città dei creativi.

Noi vogliamo che i geni, l'intelligenza, gli artisti, a Roma, abbiano ospitalità, tornino di nuovo qui per trovare un ambiente accogliente, per creare una cultura proiettata verso il futuro.

Questa è la nostra grande speranza.

A Roma ci sono 13 università!

Pensate quanta potenzialità c'è per sviluppare dell'eccellenza dal punto di vista culturale e dalla cultura creare industria, creare economia, creare grandi potenzialità.

Insomma, io credo che da questo punto di vista ci siano idee ben diverse da quelle rappresentate dalla realtà della sinistra, anche perché noi conosciamo l'identità di Roma.

Noi non ci dimentichiamo che Roma è la capitale del cristianesimo, non ci possiamo dimenticare di questo.

A Roma si è giunti persino - lo voglio ricordare, anche se è stato ripetuto tante volte -, si è giunto persino a non riuscire, in consiglio comunale, a esprimere solidarietà a Papa Ratzinger dopo i fatti della Sapienza.

E non si è riusciti a fare questo perché la sinistra, tra Partito Democratico e Sinistra Arcobaleno, non è riuscita a trovare un accordo, avendo la maggioranza in consiglio comunale, su quale ordine del giorno fare.

A un certo punto avevano tirato fuori un ordine del giorno che grossomodo funzionava così: si condannavano gli episodi avvenuti e si condannava in particolare il rettore in quanto, avendo invitato il Papa, aveva generato il meccanismo di questi incidenti.

Quindi la colpa era del rettore che aveva invitato il Papa, non era, la colpa, di quelli che avevano fatto, degli estremisti che avevano fatto le proteste e avevano creato quel clima lì.

Quindi questa realtà è una realtà che deve essere ripresa fortemente.

Pensiamo anche all'aspetto sociale: quale grande potenzialità rappresenta tutto il mondo dell'associazionismo cattolico, delle parrocchie, di questa rete vastissima che oggi viene depressa e, spesso e volentieri, marginalizzata dall'attività comunale.

Noi crediamo nel principio della sussidiarietà, e quindi crediamo che tutte le attività no profit, tutte le attività che vengono dal civile debbano avere protagonismo, non debbano essere subordinate alle burocrazie, a quelle che sono le clientele politiche o ad altre realtà.

È un enorme patrimonio che potrebbe dare enormi risposte di solidarietà alla nostra città.

Quindi noi parliamo di un progetto culturale che non è un progetto culturale estraneo all'identità di Roma, ma che affonda le sue radici nell'identità di Roma, non per fare una città confessionale, non per fare una logica chiusa ma consapevoli di quella che è l'anima universale di Roma.

Questo è il dato che noi vogliamo realizzare.

Ma tutto questo ha come base rimettere i piedi per terra, ha come base riprendere il controllo del territorio, ha come base riprendere quella tolleranza, quella capacità vera, quella disciplina vera che c'è dentro la nostra città e ci deve essere dentro la nostra città.

Fare un ragionamento di tolleranza zero rispetto a tutte le forme di illegalità, di degrado, di criminalità che sono presenti in questa città.

Dire no alla illegalità, anche quella che sembra marginale, è decisivo per sconfiggere la criminalità.

Pensiamo al degrado di tanti suq, più o meno arabi, che avvengono dentro al centro storico o in periferia, quando vediamo tante persone con la tovaglia per terra che vendono merci contraffatte, anche qua, a 100 metri, a 200 metri di distanza.

Ecco, tutte queste cose sono propedeutiche ai grandi sogni, ai grandi progetti, questa è la sfida.

Insomma, io voglio essere un sindaco in mezzo alla strada, un sindaco che guarda cosa succede, un sindaco che segue i lavori pubblici, un sindaco che sollecita i cantieri quando durano troppo, voglio essere un sindaco che sta vicino ai cittadini.

La politica a Roma deve rimettere i piedi per terra e, rimettendo i piedi per terra, potrà di nuovo riavere lo slancio per tentare i grandi progetti e le grandi prospettive.

Questo è il nostro messaggio, questo è il messaggio di cambiamento.

Il 27 e il 28 aprile si gioca una partita decisiva.

Dobbiamo affrontarla con chiarezza, con coscienza, con spirito di partecipazione.

Dobbiamo fare tesoro di questa grande sfida per rimettere in moto la partecipazione dentro la città.

Rutelli aveva cominciato da questa sfida pensando che fosse una passeggiata, aveva cominciato convinto di vincere al primo turno, aveva cominciato non sapendo le voragini che Veltroni aveva nascosto e occultato, gli si sono aperte improvvisamente davanti.

Oggi noi, col ballottaggio, abbiamo la possibilità di dire non soltanto quali sono le critiche a questi signori, ma di dire che c'è un'altra Roma diversa: una Roma che crede nella partecipazione, che crede nella cittadinanza attiva, che crede nella grande integrazione fra grandi valori e vita quotidiana, grandi valori e attenzione a quella che è la realtà quotidiana del cittadino.

Perché - e concludo - si è capitale morale per davvero se questo vale per ogni cittadino romano, per chi sta al centro e per chi sta in periferia, per chi vive in condizioni sociali agiate, per chi vive in condizioni sociali difficili.

Si è capitale morale se si è vicini a tutti i cittadini e si fa sentire la dignità di essere cittadini di Roma.

Vi ringrazio.

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Informazioni utili alla lettura

Ogni contenuto discutibile è evidenziato con un colore diverso che corrisponde al tipo di implicito linguistico usato dal parlante in quell’occasione. Il tipo di implicito è indicato nell’etichetta che compare al passaggio, e che ne esplicita anche la funzione comunicativa.

Ogni contenuto implicito serve a realizzare un certo obbiettivo nella comunicazione: cioè, è dotato di una Funzione comunicativa. Ad esempio: Autoelogio, Elogio di altri, Attacco, Difesa e Opinione personale. 

La Presupposizione è un contenuto presentato come se i destinatari ne fossero già al corrente: in questo modo non sono indotti a metterlo in discussione.

L’Implicatura è un contenuto che non è detto esplicitamente, ma è lasciato intuire. Poiché lo implica lui, il destinatario si accorge di meno che gli è stato trasmesso dall’emittente. 

Un’Espressione vaga è compatibile con molti diversi contenuti concreti, per cui è difficile accorgersi se essa sia falsa o esagerata.

Un Topic, per i linguisti, è un’informazione presentata come se se ne stesse già parlando, quindi come se fosse già abbastanza accettata nel discorso.