Questa settimana vi proponiamo una campagna di comunicazione che ha acceso il dibattito sui social, e che ha coinvolto politici e non solo, riuscendo infine a ottenere un effetto molto concreto. La polemica nasce dalla notizia, diffusa da alcuni giornali, che la Commissione Europea ha aggiornato un documento contenente alcune linee guida (di cui alleghiamo in fondo le parti oggetto di discussione) che raccomandano al personale della Commissione scelte linguistiche il più possibile inclusive nel rispetto di tutte le identità di genere, gli orientamenti sessuali, le provenienze etniche, le culture, gli stili di vita, gli orientamenti religiosi, le disabilità e le diverse età.
Nonostante la ricchezza dei temi trattati, in Italia è stata soprattutto la richiesta di evitare un linguaggio cristiano-centrico ad aver scatenato le ire della destra, la quale considera il documento una estremizzazione del “politicamente corretto”, non mancando però, nei suoi messaggi di critica sui social, di fare ricorso ad un linguaggio implicito tendenzioso. Di seguito riportiamo i tweet di Giorgia Meloni e Matteo Salvini:
Notiamo, da parte di Salvini e de “Il Giornale”, citato da Meloni, un ricorso tendenzioso alla vaghezza semantica dell’espressione “in Europa” (in realtà il documento è rivolto solo al personale della Commissione nell’espletamento del suo lavoro), che permette di veicolare (implicitamente, e quindi al riparo da critiche o repliche) il falso messaggio che il presunto divieto valga per tutti i cittadini su tutto il territorio europeo.
A questo uso tendenzioso si aggiunge quello veicolato dalla vaghezza della metafora bellica bersaglio nel messaggio di Meloni, con cui si trasmette un’aura di negatività rispetto alle intenzioni e al modus operandi punitivo della Commissione europea, ma con cui non si specifica di cosa sarebbe punito chi usasse i nomi Maria e Giovanni (in realtà di nulla, perché nel documento si invita semplicemente il personale della Commissione a “non scegliere esclusivamente nomi tipici di una certa religione quando si formulano storie o esempi”). A rafforzare ulteriormente l’immagine di una Commissione Europea repressiva vi è poi l’implicatura conversazionale a chiusura del tweet di Meloni: affermando “la nostra storia e la nostra identità non si cancellano”, la leader di Fratelli d’Italia lascia intendere (senza formulare accuse dirette) che la Commissione Europea con questo documento (e forse anche con azioni passate) intenda cancellare la storia e l’identità cristiana; contenuto che, se asserito esplicitamente, apparirebbe più facilmente falso.
Segnaliamo infine, sempre nel tweet di Meloni, la frase “Continuano i deliri del politicamente corretto”, che include due presupposizioni: da una parte si dà infatti per scontato che tutti siano già a conoscenza di deliri del politicamente corretto da parte delle istituzioni europee (tramite quella che tecnicamente si chiama una descrizione definita, contraddistinta dall’articolo determinativo “i”); e dall’altra, tramite il verbo “continuare”, si presuppone che di tali deliri siano prova diverse vicende passate.
In seguito a queste polemiche, la Commissione Europea ha deciso di ritirare la versione attuale del documento per attuare delle modifiche migliorative, come annunciato il 30 Novembre dalla Commissaria all’uguaglianza Helena Dalli. Poiché si può ritenere che questa scelta sia riconducibile alle polemiche di cui abbiamo detto, a nostro avviso la vicenda conferma che una comunicazione tendenziosa, sfruttando le strategie della comunicazione implicita come negli esempi che vi abbiamo appena mostrato, può risultare molto efficace rispetto ai propri scopi.
Dal documento “Union of Equality – European Commission Guidelines for Inclusive Communication”, sezione Cultures, Lifestyles or Beliefs: