L’implicito della settimana: implicito e pregiudizio.

Un saluto ai lettori OPPP!

Vogliamo inaugurare il nuovo anno ricordando una vicenda di qualche settimana fa che riguarda il tema della violenza sulle donne e la sua narrazione. Grazie al lavoro di molte persone di buona volontà, intorno a questo tema l’attenzione è ormai molto alta. Ad esempio, di recente si sono sviluppati molti commenti sul processo penale in corso a Tempio Pausania, che vede imputati Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia, accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza, ora 21enne, per fatti risalenti al luglio 2019 nella casa di Porto Cervo della famiglia Grillo.

Per sperare che la nostra civiltà evolva, diventando un luogo dove le persone, e soprattutto gli uomini, capiscono quanto è assurdo e ingiustificabile usare la violenza, il dibattito onesto è indispensabile. E purtroppo il dibattito disonesto è controproducente. Vogliamo qui commentare l’esordio di un articolo apparso il 15 dicembre scorso sul quotidiano Il Sole 24 Ore.  Esso si unisce all’ampia discussione sull’opportunità delle domande poste alla presunta vittima da un’avvocata della difesa nel processo citato: domande certo spiacevoli, ma, ha precisato l’avvocata, necessarie nell’ambito del dettagliato accertamento dei fatti, che è la funzione del processo. Il racconto della presunta vittima inizialmente è solo una sua posizione, e può assumere rilevanza di prova soltanto se viene vagliata così nel dettaglio che, se contenesse degli elementi non rispondenti a verità, la profondità dell’analisi li rivelerebbe. Insomma, l’interrogatorio della presunta vittima serve sia alla difesa per individuarvi eventuali cause di possibili più precise definizioni delle responsabilità dei suoi assistiti, sia all’accusante stessa per trasformare – davanti al giudice – le sue affermazioni in prove.

Ecco il titolo e l’inizio dell’articolo del Sole:

Processi per stupro, da vittima a imputata: nei tribunali troppi pregiudizi

“Come le hanno tolto gli slip? Che pantaloni indossava? Perché non ha urlato? Perché non ha usato i denti? Perché non si è divincolata? Ha sollevato il bacino?. Sono le frasi entrate in questi giorni nell’aula di un tribunale per un caso di violenza sessuale di gruppo, domande poste dall’avvocata di uno dei ragazzi imputati per lo stupro. Parole che sembravano dimenticate e invece ritornano – nonostante l’alta attenzione sui reati inerenti la violenza contro le donne e sui femminicidi -, scatenando l’indignazione dell’opinione pubblica.

Così facendo, infatti, si sovverte la logica del processo e la donna passa da vittima a imputata: davanti ai giudici il focus diventa capire se la vittima abbia reagito o meno e non accertare i fatti indagando il comportamento degli imputati, spiegano le avvocate delle associazioni che quotidianamente difendono le donne vittime di violenza, più di 6000 all’anno in Italia, in media 17 al giorno. “Il giudice non dovrebbe assolutamente ammettere questo tipo di domande, che sottendono quel pregiudizio sessista per cui la donna è sempre consenziente a un atto sessuale. Pregiudizi sessisti vietati da tutte le leggi sovranazionali –  che devono guidare l’interpretazione delle norme nazionali – e riconosciuti dalle tante sentenze di condanna della Corte di Strasburgo come maggior ostacolo all’accesso della giustizia delle donne in Italia”, sottolinea Teresa Manente, avvocata dell’associazione Differenza Donna. La Corte europea dei diritti umani ha infatti più volte condannato l’Italia proprio per l’utilizzo di pregiudizi sessisti nei tribunali.

In questo breve spazio, l’articolo usa diversi tipi di impliciti (prevalentemente implicature e vaghezza) per trasmettere i seguenti contenuti discutibili:

1. Che da parte di un legale fare domande esplicite sui fatti di cui si occupa un processo per stupro sia in contraddizione con “l’alta attenzione sui reati inerenti la violenza contro le donne e sui femminicidi”, perché significherebbe “non essersi dimenticati” le parole che li descrivono, nel senso di non essersi lasciati alle spalle l’inciviltà e la cultura dello stupro.

2. Che l’aver tali domande suscitato indignazione pubblica provi il trattarsi di un comportamento riprovevole.

3. Che fare domande su come si sono svolti tutti i fatti sia evitabile in un processo giusto.

4. Che gli unici comportamenti rilevanti per accertare come si siano svolti i fatti siano quelli degli imputati.

5. Che fare domande anche alla presunta vittima significhi non dare importanza a quello che hanno fatto gli imputati.

6. Che mettere in dubbio la mancanza di consenso (in un processo in cui si tratta proprio di accertare se e in che misura vi sia stato consenso, ed espressione del dissenso) equivalga ad avvalorare un pregiudizio sessista.

7. Che per non essere sessisti occorra non mettere in dubbio la parola della presunta vittima.

8. Che chiedere (e quindi consentire) a chi accusa di provare le sue accuse equivalga a “sovvertire la logica del processo”, e a trasformare l’accusante in imputato.

9. Che chi accusa sia certamente vittima, anche prima della fine del processo; in altre parole, che il processo sommario che si è svolto nella mente dell’articolista del Sole 24 Ore sia un processo giusto, e che quello che si svolge in tribunale sia un processo inutile.

10. Che le parole usate dalla difesa nel caso di cui si tratta – e riferite in apertura dell’articolo stesso – siano più offensive dello stretto necessario per esprimere il contenuto di cui si parla.

11. Che le riferite condanne della corte di Strasburgo all’Italia riguardino domande come queste.

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Informazioni utili alla lettura

Ogni contenuto discutibile è evidenziato con un colore diverso che corrisponde al tipo di implicito linguistico usato dal parlante in quell’occasione. Il tipo di implicito è indicato nell’etichetta che compare al passaggio, e che ne esplicita anche la funzione comunicativa.

Ogni contenuto implicito serve a realizzare un certo obbiettivo nella comunicazione: cioè, è dotato di una Funzione comunicativa. Ad esempio: Autoelogio, Elogio di altri, Attacco, Difesa e Opinione personale. 

La Presupposizione è un contenuto presentato come se i destinatari ne fossero già al corrente: in questo modo non sono indotti a metterlo in discussione.

L’Implicatura è un contenuto che non è detto esplicitamente, ma è lasciato intuire. Poiché lo implica lui, il destinatario si accorge di meno che gli è stato trasmesso dall’emittente. 

Un’Espressione vaga è compatibile con molti diversi contenuti concreti, per cui è difficile accorgersi se essa sia falsa o esagerata.

Un Topic, per i linguisti, è un’informazione presentata come se se ne stesse già parlando, quindi come se fosse già abbastanza accettata nel discorso.