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Discorso di Nicola Zingaretti
Conferenza stampa a Roma dopo la vittoria alle primarie del PD il 3 marzo 2019.
Puoi vedere il video del discorso qui oppure anche qui, accompagnato da un commento.
Dai primi dati che si stanno raccogliendo, sembra che a queste primarie, sembra che probabilmente a queste primarie abbiano votato lo stesso numero di cittadine e di cittadini, se non più cittadine e cittadine delle ultime primarie. Ed è un dato veramente straordinario e che darebbe questo risultato come sostegno alla candidatura che insieme abbiamo messo in campo: una percentuale che oscilla tra il 65 e il 70% del consenso. Attendiamo, ovviamente, i risultati. Ringrazio per le telefonate che ho ricevuto poco fa, sia di Maurizio Martina che di Roberto Giachetti, che si sono congratulati per la vittoria; e io ringrazio loro, perché insieme abbiamo dato, credo, una bella immagine di confronto della battaglia politica in questo nostro Paese così ferito[ppp]. Grazie ai volontari e alle volontarie del Partito Democratico, ma non solo del Partito Democratico. Di coloro che, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, in questi giorni hanno offerto all’Italia un grandissimo appuntamento della democrazia e per la democrazia italiana. Grazie – questo fatemelo dire – a tutte quelle straordinarie persone[ppp], giovani, non giovani, ragazze e ragazzi, che in questa città, particolarmente, da qualche anno mi sono a fianco con un affetto e una solidarietà incredibile su ogni scelta che io metto in campo. E, grazie, perché per me voi siete stati una grande forza, e sono contento che abbiamo vinto ancora un‘altra volta[ppp+top], grazie a voi. Grazie, grazie, ovviamente, grazie all’Italia. Grazie all’Italia che non si piega[ppp], e grazie all’Italia che vuole arginare un governo liberale e pericoloso[ppp]. Grazie, dunque, ai ragazzi e alle ragazze italiani, di 16 anni, di 17 anni, di 18 anni, che abbiamo visto in fila nei gazebo. Grazie ai giovani che, quindi, hanno votato per dare una speranza a questo Paese[impl]. Grazie agli anziani: è incredibile. Grazie…ho visto le fotografie: vi abbraccerei tutti, ai tantissimi o alle tantissime partigiane ultranovantenni che sono usciti di casa e sono andati ai gazebo a votare, per cambiare. Grazie, perché ci avete regalato la democrazia[impl] e ancora avete la forza di lottare per la democrazia[ppp]. Grazie a chi, in queste settimane durissime, ci ha aiutato ad avere il coraggio e a combattere[ppp+vag]. E quindi, sicuramente, grazie alle lavoratrici e ai lavoratori che in quella bellissima giornata del 9 febbraio a Roma, in una manifestazione umanitaria avete dato un segnale a tutti, uniti per combattere. E noi saremo degni di questa vostra indicazione. Grazie a Milano e quella manifestazione bellissima di ieri di Milano[ppp]. Grazie a Torino. Grazie al Sud, che lotta contro la mafia. Che non ha paura di piegare la testa e che lotta per un futuro degno. Grazie! Vi ho viste, protagoniste di nuovo, come non mai, nel combattere il rischio di un ritorno indietro[ppp+impl]. Grazie alle donne italiane, alle femministe italiane, che sono state in campo, senza di noi impegnati a fare un congresso: avete lottato anche per noi[ppp]. Grazie alla cultura italiana. Grazie agli intellettuali. Grazie a coloro che hanno sottoscritto appelli. Grazie a quegli uomini e a quelle donne di cultura che hanno capito, prima di altri, il pericolo che corre questo nostro Paese[ppp]. E grazie perché, con la vostra presenza, ci avete ricordato quanto sia importante avere un pensiero e idee critiche, libere, cuore della vitalità di una democrazia[ppp+impl]. Grazie, ovviamente, al Partito Democratico e al nostro straordinario popolo del Centro Sinistra[ppp], che il 4 marzo ha subito una sconfitta devastante, e ha avuto paura, si è diviso, è ferito, ma che, quando ha visto l’opportunità e la possibilità di cambiare[ppp+top] ha reagito, si è rimesso in piedi, è reattivo, è combattivo, e oggi ha dato una lezione di democrazia alla nostra Repubblica[impl]. Grazie! Oggi, oggi, è avvenuto, come noi c’eravamo auspicati, un grande fatto politico: non sono state solo le primarie del Partito Democratico. Sono state le primarie per l’Italia; e questo è un fatto molto importante, che riaccende una grande speranza per il futuro. Una marea di persone, centinaia di migliaia di persone, anche al di fuori di noi, si sono fidate di noi. E noi ne saremo degni, di questa fiducia. Faremo di tutto per essere degni. Perché, quanto è avvenuto conferma che noi queste primarie, questa scelta di democrazia[ppp+top] è una scelta che è diventata per tante e per tanti lo strumento di una volontà più generale di difesa di un futuro migliore possibile[impl]. Io penso ai delusi[ppp], a coloro che non sono andati alle urne un anno fa, ma che oggi, io credo, erano in fila in quei gazebo. A quelli che si sono allontanati. Penso a coloro che ci hanno criticato[ppp+vag]. Penso a coloro che ci hanno frainteso[ppp+vag]. Penso a coloro che, non avendo più fiducia in noi[top], hanno votato altre forze politiche, perché hanno saputo meglio mettere in campo idee suggestive ed essere catturati nel loro progetto politico. Io penso a loro perché ho visto, in questo enorme risultato, un primo segnale. Molti sono tornati, stanno tornando e torneranno in quello che dovremo costruire[ppp], ora: un nuovo PD e una nuova alleanza, un nuovo campo, largo, unitario, combattivo, per voltare pagina in questo Paese. Oggi, ovviamente, è un inizio: non illudiamoci. E’ l’inizio di un percorso difficile. La Destra è rocciosa, è forte, è radicata. La Destra ha conquistato il potere e non lo cederà in maniera semplice. Questo voto, dunque, ci carica, innanzitutto, di una responsabilità. Carica me, ovviamente, in primo luogo, di una responsabilità. Ma, come ho sempre detto fino ad oggi, io non mi intendo capo, io mi intendo leader di una comunità che dovrà continuare a stare in campo per cambiare la storia della democrazia italiana[ppp]. Io dedico, e dedichiamo tutti questa vittoria a Greta Thunberg, la ragazza svedese che lotta per la salvezza del pianeta; e dedico questa vittoria, dedichiamo questa vittoria a tutte le ragazze e i ragazzi italiani che il 15 marzo occuperanno le piazze dell’Italia per il futuro del pianeta. Noi terremo alta con voi la bandiera della salvezza del pianeta[ppp], perché solo con un nuovo modello di sviluppo torneremo a creare lavoro e benessere per le generazioni future[ppp+top]. Dedichiamo questa vittoria ai cinque milioni di poveri che soffrono per le ingiustizie e che noi, vi giuriamo, aiuteremo a riscattarsi; perché noi vogliamo essere i migliori ad essere vicino a coloro che si sentono poveri, ma vogliamo anche essere i primi che lotteranno affinché chi è povero non sia più povero, grazie al suo lavoro e al suo impegno. Dedichiamo questa vittoria ai troppi giovani disoccupati[ppp] che hanno diritto al lavoro, a quegli studenti e a quelle studentesse che, forse, troppo occupati ad occuparsi di quaranta immigrati sui barconi che il potere[vag] ignora, li condanna alla fuga dal nostro Paese. No, noi siamo qui anche per permettergli di viaggiare, di girare il mondo[ppp], ma come scelta di crescita, e non come obbligo perché a voi l’Italia ha tolto la speranza[ppp+impl]. Dedichiamo questa vittoria alle milioni, alle migliaia, ai milioni di imprenditori e alle migliaia di piccole e medie imprese italiane, che subiscono in maniera drammatica e devastante i colpi della crisi di un governo che ci sta portando al disastro economico[ppp]. Fanno molta propaganda[vag], fanno molti selfie[vag], fanno molti sorrisi[vag], fanno molti pranzi[vag], fanno molte cene[vag], fanno tutto all’oscuro di tutto[vag], in realtà per nascondere una drammatica verità alla nostra Italia. La drammatica novità[ppp+top] è che questo Paese sta tornando ad essere un Paese in ginocchio[ppp]. Hanno messo indietro le lancette dell’orologio[vag] e hanno paura di assumersene le responsabilità[vag]. Calano le esportazioni, crolla la produzione industriale, crolla il fatturato delle imprese, crolla la capacità di acquisto del potere dei salari. Aumentano solamente il costo del denaro, aumentano i disoccupati, aumentano le tasse. Io sento che noi dovremo ripartire da qui[ppp]. Onorare la promessa che abbiamo fatto[impl+top] significa offrire a questo nostro bellissimo Paese[ppp], a questa nostra Italia un nuovo PD che sia un nuovo strumento di partecipazione, fondato su due parole: unità, e ancora unità, cambiamento, e ancora cambiamento. Questo vorrà dire guardare le persone non dal dirigibile[impl], vorrà dire guardare le persone non da lontano[impl], vorrà dire guardare le persone non dal chiuso delle nostre stanze del potere[impl]. No, questo vorrà dire tornare a guardare le persone e la loro vita concreta[ppp]. E’ incredibile, guardate, come il messaggio contenuto nel nostro documento “prima le persone” sia stato capito, in questa campagna congressuale, più dai cittadini e dalle cittadine, che non dalla classe dirigente del Paese[ppp+top]. A me ha colpito, nei talk show, nelle televisioni, nelle interviste, la faccia di sufficienza[ppp] quando parlavo della necessità di un nuovo programma, di un nuovo impianto culturale ed economico che ripartisse dall’idea di comunità e di persone[ppp]. Dalle facce scettiche[ppp], come se volessi buttare la palla in tribuna, e invece dall’entusiasmo, a volte dalla commozione di tanti volti di donne e uomini, anziani, giovani, quando, proponendo le nostre idee, iniziavamo proprio dall’ossessione di rimettere al centro della nostra azione, del nostro riformismo non teorie o schemi, ma le persone nella loro condizione umana[ppp]. [7.640]
Discorso di Matteo Renzi
In piazza a Firenze il 9 dicembre 2013, dopo la vittoria alle primarie del PD.
Puoi vedere il video del discorso qui.
Buonasera a tutti! Buonasera a tutti! L’avete presa bene, direi, eh? Buonasera a tutti, buonasera a tutti.
Allora. E’ molto difficile e molto bello, naturalmente, prendere la parola qui stasera, e credo che la prima parola che debba essere detta in modo molto forte e molto chiaro è il mio più grande GRAZIE, grazie di cuore a tutte e a tutti. Grazie, innanzitutto, permettetemi di partire dal grazie a Gianni Pitella, che ha combattuto una battaglia molto bella sulle sue proposte sul Sud, sull’Europa[ppp]. Grazie a Pippo, a Pippo Civati. Io credo che – non l’avremmo mai detto, caro Pippo, che solo in tre anni la Leopolda sarebbe stata maggioranza nel PD. Un grazie particolare, e veramente dal cuore, a Gianni Cuperlo, a cui vorrei che dedicassimo non soltanto un applauso ma, vi confesso che, se c’è una persona dentro il Partito Democratico con cui ho voglia di discutere e di dialogare, anche di non essere sempre d’accordo, ma che ha molto da dare e da insegnare, per quello è proprio Gianni Cuperlo, e lo ringrazio per anche i toni e la civiltà della battaglia che ha combattuto[ppp]. Ora, non vorrei fare la classica americanata[vag], però vorrei dire grazie alla mia famiglia. E’ vero che ormai io faccio parte di una famiglia strana: i miei figli contano il passaggio delle stagioni sulla base delle primarie. Mi hanno detto: “Ma, quest’anno la Puppato e Tabacci non giocano?”. Come se…Però credo che per Esther, per Emanuele e per Francesco, la scelta di dedicare del tempo alla politica da parte del loro babbo, della loro mamma, della loro famiglia non è una scelta semplice. Vorrei che sapessero, e che lo sapessero i bambini delle scuole che da martedì voglio tornare a visitare – ho interrotto, come giusto, in campagna elettorale – che quando i babbi e le mamme – lo dico per chi ci segue da fuori Italia, i papà e le mamme, ma noi a Firenze diciamo i babbi – non pensano solo ai propri bambini, ma pensano anche ai bambini degli altri per quel Paese più giusto[ppp]. E vorrei dire, semplicemente, grazie ad Agnese. Lei sa perché. Grazie a chi mi è stato accanto, in queste settimane e in questi mesi. Si direbbe, con una parola sempre all’americana, al mio staff. Siete uno straordinario manipolo di pazzi. Avete anche un bel caratteraccio; non come il vostro candidato che è sempre sereno, calmo, tranquillo…Io sono molto fortunato ad avervi accanto[ppp+top] perché, mai come in questo periodo, ho visto come partendo da zero abbiamo messo in piedi una realtà straordinaria[ppp]. Dai militanti che lo fanno con passione e non chiedono niente, ai neo-parlamentari. Da chi gestisce con me la città di Firenze ai volontari di tutta Italia. Dal comitato, che è stato bravissimo – ha azzeccato tutti i dati, sia sulla competizione nei circoli che in quella elettorale – alla Leopolda, che è stata organizzata in modo magistrale, in particolar modo quest’anno. Dal lavoro certosino sui seggi a chi si è preoccupato nel giro delle tappe del Paese – mentre io magari mi dimenticavo semplicemente di preparare il palco e il podio – di farci trovare un ambiente carico di umanità e di bellezza. Credo che fare politica significhi anche condividere una bellezza di relazioni umane tra di noi; e vorrei dirvi con grande generosità che mi concedo ben mezza giornata di riposo. Poi, da domani mattina, si riparte, perché la gestione del Partito Democratico non è la cosa più semplice. E però, vorrei dire, anche, grazie soprattutto ai cittadini che oggi hanno dato un segnale che definire commovente è dire poco. Domenica scorsa, domenica scorsa, qualche decina di migliaia di italiani, stremati, stanchi, nauseati dalla politica si sono riuniti insieme per fare il giorno dell’insulto, il vaffa-day. Oggi, qualche milione di italiani, vincendo lo stesso disgusto[ppp], la stessa fatica[ppp], è andata ai seggi per il giorno della proposta. Per dire che cosa vogliamo fare dell’Italia, non chi vogliamo insultare[impl]! Per dire i progetti del Paese, non le liste di proscrizione di giornalisti e parlamentari[impl]! Gli italiani hanno dimostrato una volta di più di essere migliori della loro classe dirigente[ppp], e lo hanno rifatto rischiando. Io, io credo che noi non abbiamo più scuse, più alibi[ppp]. Ma gli italiani che sono andati a votare a questo giro hanno avuto un bel coraggio, eh? Perché, per fidarsi, diciamolo, ci vuole coraggio. Fidarsi è forse il gesto più naturale per un uomo e per una donna. Per un bambino, no. Un bambino si butta nelle braccia della mamma, del babbo. Però, fidarsi, per una donna e per un uomo è molto difficile. Bisogna avere dentro un grande coraggio e un grande amore. Si fida il fidanzato della fidanzata. Si fida l’anziano della persona con cui condivide la vita, o semplicemente di chi lo segue. Si fida il datore di lavoro dell’impiegato. Si affida l’insegnante all’uomo di cultura. Però, però, però, affidarsi oggi, per la politica, è una cosa che può sembrare da folli. Affidarsi a una classe politica che in questi anni ha dimostrato di non cogliere gli umori del Paese e le istanze profonde che gli italiani esprimevano[vag]. E’ un gesto che sinceramente deve farci riflettere. Se milioni di italiani sono andati a votare, dev’essere chiaro che da oggi non c’è più alibi per nessuno, non c’è più scuse. Il tempo che noi dobbiamo mettere a disposizione del cambiamento[ppp+top] è finito. Non è che possiamo aspettare che arrivi qualcun’altro, poi, a lamentarsi di noi. Allora, abbiamo consapevolezza di questo. Non ci hanno dato due euro. Ci hanno dato due euro e renderemo pubblici, centesimo per centesimo, dove andranno i due euro. Ma, non ci hanno dato soltanto due euro. Lasciatemela dire così. Loro ci hanno dato l’idea che si possa ancora credere, nella cosa pubblica, che non tutti siano uguali[ppp]. Ci hanno dato l’idea che la passione, la partecipazione e il coinvolgimento possano portare a cambiare le cose in modo concreto; e di questo risultato, il merito è vostro. Mi hanno detto, entrando: “Ma sei orgoglioso, Matteo?”. Non vorrei sembrare arrogante – più del solito, direbbe qualcuno, sapete che non mi difetta l’autostima e non sono certo un finto modesto. Però, io stasera non sono orgoglioso, né di me, né per me. Io stasera sono profondamente orgoglioso di voi. Sono orgoglioso di voi per mille motivi. So che la partita riguarda il ruolo che dovrò giocare anche io. Mi sono chiare, mai come in questo momento, i limiti, i difetti, anche le mancanze personali[ppp]; e, rispetto allo straordinario affidamento che mi è arrivato dal voto dei gazebo[ppp], sono consapevole che c’è tanto lavoro da fare da parte mia. Io sono tenace e determinato. Vi garantisco che se mi avete dato la fascia di capitano di questa squadra, se mi avete dato la fascia di capitano di questa squadra, io non farò passare giorno senza lottare su ogni pallone, senza crederci fino in fondo, non risparmiandomi mai e non tirandomi indietro. Ma oggi sono orgoglioso di voi. Sono orgoglioso di voi per ogni volantino che avete distribuito in questa campagna elettorale, per ogni chilometro di strada fatta per andare a presentare la mozione, per ogni sessione d’esame saltata, magari con la scusa delle primarie, ma comunque saltata[ppp]. Per ogni volta in cui magari uno arrivava tardi in ufficio perché la sera aveva fatto tardi a discutere con quelli delle altre mozioni. Sono orgoglioso di voi perché conosco la bellezza e la fatica di quello che voi avete fatto[ppp]. La gioia di una bevuta insieme[ppp] dopo che l’iniziativa è riuscita. La gioia e la delusione di quando si organizza un evento e non viene nessuno. E verrebbe voglia di dire: ” Ma perché non sono rimasto a casa a godermi la mia famiglia?”. Conosco i sorrisi e anche le lacrime di chi qualche volta, rispetto alla politica, prova quello strano guazzabuglio di emozioni e di sentimenti che ci lasciano il cuore[ppp]. Si può anche piangere, in politica, non soltanto sorridere. Però, io credo che, se è vero che ogni volto corrisponde a un voto e un voto corrisponde a un volto, chi oggi ha vinto questa battaglia non è il sottoscritto. E lo dico avendo consapevolezza che l’anno scorso, quando abbiamo perso, vi ho chiesto il giorno dopo di tornare a lavorare con il sorriso sulle labbra. E’ lo stesso sorriso che vi chiedo di avere domani mattina – dice: “è più facile”. Certo! Però, però, è anche un messaggio molto bello. Oggi che abbiamo vinto, pensiamo a tutte le volte in cui abbiamo perso. Pensiamo a tutte le volte in cui, cadendo, c’era stato detto “non ce la farai più a risalire”. Pensiamo a tutti quelli che stanno soffrendo oggi, da chi è nelle carceri e si sente preso in giro da una classe politica che parla e sparla di provvedimenti e di clemenza, a chi vive la difficoltà del fallimento nella crisi economica più grande che potessimo conoscere[ppp]. Oggi che abbiamo vinto gettiamo lo sguardo su chi non ce la fa, e pensiamo che la vittoria più bella è quella non di chi pensa di farcela sempre, ma di chi cadendo si rialza[ppp]. E, avendo vinto, abbiamo anche consapevolezza che il nostro più grande orgoglio[ppp+top] oggi dev’essere quello di dimostrare di saper vincere, non di saper semplicemente festeggiare stasera. Tocca a una nuova generazione, amici, tocca a una generazione di persone che non farà a meno dell’esperienza degli altri. Noi coinvolgeremo le persone più anziane, più esperte, più capaci, ma tocca a noi guidar la macchina. Tocca a noi che eravamo alle medie quando andava giù il muro di Berlino. Tocca a noi che abbiamo scelto di fare giurisprudenza dopo che Falcone e Borsellino saltavano in aria nelle terribili stragi del 1992. Tocca a noi che siamo cresciuti cittadini globali di un mondo orfano della politica. Perché, con i voli low cost potevamo girare ovunque in Europa. Con la globalizzazione e internet potevamo andare in tutte le parti del mondo. Però, ci è capitato di crescere in un mondo dove le istituzioni internazionali non c’erano. Noi siamo quelli cresciuti nel 1994, con la strage dei grandi laghi in Ruanda, dove l’ONU dormiva e disse sei mesi dopo che era in corso un genocidio a colpi di machete. Siamo quelli cresciuti nel 1994 a Srebrenica quando i caschi blu delle Nazioni Unite, i caschi blu olandesi, hanno scritto la pagina di vergogna più grande di un’organizzazione internazionale[ppp]. Hanno consentito di dividere donne e uomini, di violentare le donne davanti agli uomini, di uccidere gli uomini e di metterli nelle fosse comuni. Noi siamo cresciuti in un mondo orfano di politica, dove ci hanno detto[vag] che fare politica era una parolaccia. Eppure, eppure ci siamo resi conto che tocca a noi proprio perché abbiamo conosciuto l’euro e non l’Europa. abbiamo lasciato in mano l’Europa ai burocrati. Abbiamo lasciato in mano l’Europa a quegli specialisti senza cuore[ppp], che chiamiamo tecnici, ma che spesso sono persone brave con le slide e poco avvezze al fatto che ci sono delle persone, non dei numeri[impl]. Tocca a noi, e noi stasera siamo qui per dire che non ci ritiamo indietro. Siamo qui per dire che forse useremo dei metodi un po’ spicci. Ma, non confondete l’ambizione di cambiare l’Italia[ppp+impl] con l’ambizione di cambiare semplicemente un ministro o un governo. Sono tre mesi che i giornali scrivono che il nostro principale problema è capire se quel ministro rimane o quanto dura l’esecutivo[top]. Questo tema è secondario rispetto al fatto che noi apparteniamo a una generazione di persone che pensa che l’Italia sia la Bella Addormentata nel Bosco, che la politica sia la foresta incantata dove vittime di chissà quale sortilegio, vittime di chissà quale incantesimo[ppp]. Abbiamo il Paese più bello del mondo, abbiamo la classe imprenditoriali tra le più capaci del mondo, una parte almeno, abbiamo dei lavoratori e delle lavoratrici che hannno dimostrato di saper fare, abbiamo degli insegnanti appassionati, abbiamo dei ricercatori curiosi, abbiamo degli anziani saggi, abbiamo dei giovani intraprendenti, ma abbiamo la peggiore classe dirigente che la storia europea degli ultimi trent’anni abbia mai conosciuto. La bella Addormentata nel Bosco ferma, incantata. Non lo dice oggi il candidato segretario del Partito Democratico, o il segretatio eletto, se preferite, ma non lo dice nemmeno l’elettore del PD che ha votato ai circoli, non lo dice nemmeno il Censis, che ha dedicato ieri l’altro a delle pagine straordinarie alla classe dirigente, che, in qualche modo, vive la parola “instabilità” come un pretesto per il proprio immobilismo. No, lo hanno detto oggi due milioni e mezzo di persone, per cui è arrivato un messaggio molto chiaro: noi vogliamo che l’Italia torni a correre[ppp], noi vogliamo dare ancora a una chance al possibile e all’impossibile[ppp]. All’idea che l’Italia smetta di essere il luogo del nostro piagnisteo[ppp] e diventi il luogo di una speranza che sia concreta, percorribile, fattibile[ppp], ma dipende da noi adesso, non abbiamo più alibi. Allora, perché questo accada[top], diciamoci, diciamoci alcune cose: bisogna sapere vincere, da domani mattina, bisogna saper studiare di più di quello che abbiamo fatto fino ad oggi, bisogna faticare di più di quello che abbiamo fatto fino ad oggi, bisogna sapere che niente è dato per scontato e che questo punto non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. [10.862]