Discorso di Riccardo Molinari
Camera dei Deputati – 2 agosto 2018. Puoi vedere il video dell’intervento qui.
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Onorevoli colleghi, prima di tutto, un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno cercato di lavorare seriamente in queste settimane a quello che è il provvedimento più importante della nuova legislatura[ppp+vag]. Un provvedimento importante perché occupa e tratta un tema che è al centro del contratto di governo tra Lega e Cinque Stelle, ma soprattutto si occupa di affrontare il problema che è la principale emergenza di questo Paese[ppp+vag]. E quindi, ringrazio in particolare i deputati del mio gruppo che hanno cercato, in queste settimane di intensi lavori, di apportare miglioramenti, di risolvere alcune problematiche legate al decreto e di dare un contributo importante per dare delle risposte al Paese[ppp], che il Paese si aspetta. E poi voglio ringraziare, per suo tramite, Presidente Fico, il Vicepremier Di Maio, che ha dimostrato, restando in quest’aula, per tutta la discussione del provvedimento e per tutto il periodo delle votazioni, molto più rispetto dell’istituzione parlamentare[ppp] di chi, in questi giorni, l’ha accusato e ha accusato il governo[ppp+vag]. Soprattutto, soprattutto considerato che sono gli esponenti di quel partito che ha governato l’Italia con un premier che si presentava nel ramo del Parlamento – l’altro ramo, il Senato – e, con atteggiamento sprezzante, diceva ai nostri colleghi che non ci sarebbero più stati dopo il referendum costituzionale[ppp+vag]. Sappiamo tutti come è andata a finire. Per fortuna, il Senato ancora c’è e non c’è più quel governo. Ma, entrando nel merito del provvedimento, cari colleghi di Forza Italia, vi tranquillizzo. Noi siamo molto convinti di questa conversione in legge del decreto dignità, perché da anni la Lega si oppone alla precarizzazione della vita degli italiani[ppp+impl]. Da anni la Lega si oppone alle politiche ordo-liberiste[ppp+impl], che è un’asse che c’è sempre stato. E’ quello che il Partito Socialista Europeo e il Partito Popolare Europeo hanno sempre portato avanti insieme nelle sedi internazionali; e la Lega si è opposta con forza all’approvazione del Jobs Act[impl]. Ma voglio ricordare anche che la Lega si è opposta ad altri aspetti della precarizzazione della vita degli italiani, come alla riforma Fornero. Si è opposta alla precarizzazione della vita degli italiani sul fronte della tenuta dei conti pubblici, quando è stata svenduta la sovranità monetaria di questo Paese[ppp]. Ricordiamo che, se oggi abbiamo tanti problemi sulla sicurezza dei diritti sociali e sulla garanzia dei lavoratori[top], questo problema nasce da quelle scelte sbagliate da chi oggi ci punta il dito e ci fa la morale[ppp+vag]! E, soprattutto, approviamo con coraggio, con forza, con determinazione questo provvedimento perché partiamo dall’analisi della realtà. In quest’aula noi abbiamo sentito snocciolare dati, in questi giorni, che sono i dati che sono stati pubblicati su tutti i quotidiani nazionali, che sono i dati economici dell’ultimo trimestre. Li avrete letti tutti. Dati che sono stati usati per attaccare con forza questo governo. Dati che dicono che cosa? Che nell’ultimo trimestre in Italia c’è una stagnazione economica, c’è una riduzione dell’occupazione, c’è una diminuzione dei contratti a tempo indeterminato e un lieve aumento dei contratti precari. Ebbene, la domanda che pongo io, visto che vogliamo parlare di realtà, e che chiedo a chi ci ha attaccato in queste settimane: cari colleghi, mi potete spiegare come un provvedimento che stiamo approvando questa sera possa aver creato questi danni nel trimestre passato?[impl] Cari colleghi, mi volete spiegare come è possibile che sia colpa di questo governo, se in Italia è aumentato il precariato?[impl] Ma con quale faccia voi potete dire agli italiani che è colpa di chi c’è oggi se in Italia non c’è lavoro?[impl] Partiamo dalla realtà, Onorevole Martina, ha ragione, partiamo dalla realtà dei fatti! Dalla situazione di adesso! La situazione di adesso è una situazione che dimostra il fallimento del duo Renzi-Calenda, il fallimento del Jobs Act[ppp]; e quindi, quando qualcuno ci dice che con questo provvedimento noi riportiamo indietro il Paese a logiche novecentesche[ppp+vag] perché abbiamo la colpa di provare finalmente a fare una legge che guardi al diritto del lavoro dalla prospettiva della parte più debole dei lavoratori[impl], e in particolare dei lavoratori che sono della mia generazione, quelli che il precariato l’hanno sentito come una piaga sociale più di tutti, che forse qualcuno non conosce perché parla con altri lavoratori, con altre generazioni, parla con altri mondi produttivi, allora io vi dico che, se tornare alle logiche novecentesche significa rimettere al centro l’azione della politica che tuteli i diritti sociali e le parti deboli, ben venga il novecento, perché mi pare che l’ordo-liberismo degli anni 2000[ppp+top] ci abbia riportato indietro alla Rivoluzione Industriale, con pochi ricchi e tanti lavoratori schiavi alla mercé dei più forti. Ben venga il ritorno al Novecento, se il ritorno al Novecento vuol dire difendere l’articolo 1 della Costituzione[impl], che dice che la Repubblica è fondata sul lavoro. Ma, non siamo ingenui. Sappiamo benissimo che questi ambiziosi obiettivi, la lotta al precariato, il ritorno alla sovranità nazionale[ppp], il ritorno al lavoro stabile[ppp] non passano solo da questo provvedimento. Questo è innegabile, è evidente a tutti. Ma sarà o non sarà positivo, quantomeno dire a tutti quei precari che ci ascoltano da casa, e che ci aspettano al ritorno sul territorio che finalmente abbiamo dato un segnale[impl], che finalmente non si possono rinnovare contratti a tempo determinato all’infinito[impl], ma si possono rinnovare soltanto per 24 mesi. Sarà o non sarà un buon segnale dire a chi viene licenziato ingiustamente che prende un’indennità più dignitosa rispetto a quella che è stata data dal governo precedente?[impl] Sarà o non sarà un segnale che va in questa direzione?[impl] Sarà o non sarà un segnale di buon senso[impl], visto che ci siamo sentiti dire in quest’aula che il problema dell’Italia – anzi qualcuno ci ha detto – addirittura di chi contesta questo provvedimento – che noi dobbiamo incentivare l’esodo delle nostre aziende perché per inseguire l’export e aumentare l’export, dobbiamo sostenere le aziende che vadano a produrre altrove dove costa meno per entrare in quei mercati. Ma io mi chiedo se siamo pazzi[impl]! Io mi chiedo se siamo pazzi o se forse a casa chi è convinto invece che chi ha preso dei soldi pubblici e ha licenziato i dipendenti in Italia, ha spostato le produzioni all’estero ha fatto dumping sociale, debba essere sanzionato e ridare i soldi agli italiani? Io penso che il Paese reale pensi questo, cari colleghi!…E cari colleghi, ci è chiarissima, ci è chiarissima la distinzione tra internazionalizzazione e delocalizzazione, ma leggetevelo bene il provvedimento[impl]. Il provvedimento è chiaro! Chi prende contributi e delocalizza, chi chiude la fabbrica che c’è dopo aver preso i contributi e la sposta. L’internazionalizzazione è un’altra cosa! E’ completamente un’altra cosa! E non fingiamo di non sapere che aziende così ce ne sono di tutti i giorni, che ricattano i lavoratori, ogni santo giorno[impl]! E noi con questo diamo un segnale diverso, che non è la panacea di tutti i mali, lo sappiamo perfettamente. E noi non ci siamo fatti solo carico come Lega di difendere i diritti delle parti più deboli dei lavoratori. Sono d’accodo con i colleghi di Forza Italia quando dicono che lavoratori e imprese, soprattutto le imprese piccole e medie, sono sulla stessa barca, anzi molto spesso le imprese sono messe molto peggio, perché conosciamo tanti imprenditori eroi che si tolgono il pane di bocca per assistere e aiutare e continuare a dare un’occupazione ai propri dipendenti. Ebbene, noi abbiamo cercato di farci portavoce e interpreti anche delle esigenze delle piccole e medie imprese[ppp], in questo provvedimento. Quelli sono i correttivi di cui parlavo. Il reinserimento dei voucher, cari colleghi del Partito Democratico, non è un ritorno al passato, ma abbiamo semplicemente risolto un problema che avete creato voi. Perché voi avete inserito i voucher permettendone l’uso in tutti i settori, per aziende con numeri altissimi, non solo per le piccole e medie imprese. Poi, sotto ricatto della CGL, per paura del referendum, avete cancellato tout court i voucher, e ora noi li abbiamo inseriti per quel tipo di aziende che riteniamo ne abbiano bisogno. Non li abbiamo inseriti in maniera indiscriminata. Li abbiamo reinseriti per i lavoratori stagionali, li abbiamo reinseriti per le aziende agricole, li abbiamo reinseriti per le attività turistico-alberghiere, li abbiamo reinseriti per gli enti locali, per permettere di fare quei lavori di pubblica utilità di cui il nostro territorio ha bisogno e di cui i sindaci ci chiedono. Ci sarebbe piaciuto poterle reinserire anche per il commercio. Non è stato possibile, ne parleremo. Ma non è che non abbiamo tenuto in considerazione le esigenze delle imprese[impl]. Ma, un conto sono i voucher per questo tipo di attività e per questo tipo di lavori, un conto è fare del precariato, a buono, il sistema di lavoro su cui costruire il futuro del Paese[impl]. A questo diciamo no! E siamo ben contenti di non essere andati in quella direzione, cari colleghi. E bene, per concludere, Signor Presidente, io credo che questo provvedimento non risolverà i problemi dell’Italia, non risolverà i problemi del lavoro, ma ci permetterà di tornare a casa tutti quanti, soprattutto noi che abbiamo l’onere di sostenere questo governo e la responsabilità di dare delle risposte ai cittadini; e guardare con serenità negli occhi tutti quei disoccupati, quei precari, quelle persone che sono state umiliate dalle politiche, dalle politiche del lavoro portate avanti dall’asse Partito Socialista Europeo-Partito Popolare Europeo[ppp]. E potremo dirgli che, quantomeno adesso, sulla difesa dei più deboli, sulla difesa dei diritti sociali, sulla tutela del lavoro, finalmente qualcosa sta iniziando a cambiare[impl], o quantomeno ci stiamo provando con tutte le nostre forze. Per questo, Signor Presidente, la Lega voterà convintamente sì alla conversione in legge del Decreto Dignità.
Discorso di Maurizio Martina
Camera dei Deputati – 2 agosto 2018. Puoi vedere il video dell’intervento qui.
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Grazie Presidente.
Manca il Paese reale in questo decreto, Presidente. Manca il Paese reale, mancano le imprese, mancano le famiglie, mancano i lavoratori, mancano i giovani, mancano le donne, manca il Nord, manca il Sud. Le ragioni del nostro dissenso profondo[ppp], rispetto a quello che abbiamo vissuto in quest’aula, e al merito del decreto che abbiamo cercato di discutere in questi giorni, sono radicali. E sono radicali perché questo è un decreto ideologico, propagandistico, purtroppo per il Paese[impl]. E’ un decreto figlio di una necessità politica di un pezzo della maggioranza[vag], in particolare il Movimento Cinque Stelle che, nella rincorsa quotidiana alla competizione con l’altro pezzo della maggioranza[ppp], la Lega, ha cercato di inventarsi un provvedimento per fare la rivoluzione[vag]. Sta creando un danno incalcolabile al Paese. Non lo diciamo solo noi. Lo dicono tanti fuori di qui[vag], che hanno cercato anche in queste settimane, dopo gli annunci roboanti[ppp], nella presentazione di questo decreto, di avvertirvi sugli effetti concreti, quotidiani, reali di quello che avete proposto a quest’aula. C’è un radicale dissenso di metodo. Innanzitutto perché io non mi aspettavo, noi non ci aspettavamo in quest’aula un governo muto. Non mi basta la presenza del Vice-Premier quando si utilizzano parole come le parole della dignità, si ha la dignità di aprire la bocca in quest’aula e di dire chiaramente alle forze di opposizione che in quest’aula hanno provato a suggerirvi miglioramenti, perché sì, perché no, perché si prendono degli indirizzi, per quale ragione non si ascoltano alcune proposte[impl]. Non basta la presenza[impl], non mi accontento di questo. Lo trovo…guardi, da questo punto di vista, un atto d’ufficio. Ci mancherebbe altro che un ministro della Repubblica che utilizza parole come queste[vag] non venga in quest’aula a discutere il problema che non ha discusso[ppp], non ha discusso. Allora, questo è un provvedimento che creerà problemi al Paese. E io vorrei che ci fosse almeno la possibilità di discutere dentro quale momento collochiamo queste scelte[ppp]. Guardiamo l’Italia in Europa e nel mondo. Avvertiamo i rischi economici, finanziari, di stabilità che l’Italia corre nel cuore dell’Europa, nel cuore di alcune partite internazionali delicatissime[ppp]. La vicenda dei dazi, la fine di alcuni strumenti fondamentali sul fronte europeo[ppp+vag]. Un mercato del lavoro che in questi anni per fortuna ha ripreso e adesso dovrebbe essere spinto, in là, più avanti, verso una qualità del lavoro superiore. E invece qui ci sono solo i segnali di un pericoloso ritorno al passato. Ci sono i segnali di un irrigidimento che creerà problemi per le imprese e per i lavoratori. Domandatevi, domandatevi se alla fine di questo provvedimento il potere contrattuale dei lavoratori e dei precari esce più rafforzato. La parola è no, la risposta è no. Ne esce più debole! La persona, il lavoratore, il precario, ma ne esce più debole anche l’imprenditore, perché dentro la competizione che sta vivendo, di fronte ai provvedimenti e alle scelte di questo decreto ne uscirà più debole anche l’imprenditore. E se non vi convincono le nostre parole[top], perché non vi convincono le parole di tanti fuori di qui[vag], perché non vi convincono le parole di Mario, che è un insegnante disabile di Milano, e ha scritto una lettera accorata a voi e a tutti noi per dire chiaramente che rischia, non solo il posto di lavoro, una prospettiva familiare! E voi non avete saputo rispondere a quella domanda. Perché? Perché non vi convince Laura? Che è una lavoratrice che rischia di non avere il contratto a tempo determinato rinnovato per la vostra follia ideologica. Perché non vi convincono tanti imprenditori? Non solo del Nord Est, innanzitutto del Nord Est, ma di tutto il Paese, che vi hanno scritto e vi hanno detto che così rischiano di non assumere e di vedere le prospettive delle loro imprese sostanzialmente ridimensionate. Perché non vi convincono le loro parole? Non le nostre! Ci sta, che in una dinamica tra maggioranza e opposizione decidiate di fare scena muta[top]. Per me è un grandissimo errore, su un tema come questo. Ma, davanti a loro. Almeno di fronte alle loro richieste. Non so per chi abbiano votato. Probabilmente hanno votato per voi. Ma sono sicuro che da oggi in poi penseranno due volte a quel voto[impl]! Penseranno due volte alle parole roboanti che avete utilizzato per propagandare un cambiamento che non c’è[ppp+vag]! E, se c’è, è peggiorativo! Non è migliorativo di una condizione! Avrei voluto, avremmo voluto una discussione all’altezza del problema[ppp]. Sappiamo anche noi che c’è ancora il problema[ppp], eh? Abbiamo fatto delle cose[vag] in questi anni. Siamo i primi a domandarci come fare di più, come fare meglio. Avete raccontato che avreste scardinato completamente l’impianto fondamentale delle nostre scelte. Non è vero: il contratto “tutele crescenti” rimane il pilastro. Per fortuna, almeno questo. Il pilastro, degli strumenti del marcato del lavoro italiano. Avete promesso mari e monti[vag]: abolizioni di articoli e reintroduzioni di articoli. Salvo poi smentire tutto e tutti. Ma, guardate, che questa politica si inserisce dentro una strategia[vag] che mi preoccupa, perché tiene insieme una serie di scelte[vag] che hanno sostanzialmente una sola ragione: l’ansia distruttiva[ppp], per tutto quello che, in qualche modo, è stato generato con fatica dal Paese, non dal governo precedente[ppp+vag]! Dal Paese, in questi anni durissimi! L’ansia distruttiva è l’ansia distruttiva del decreto. E’ l’ansia distruttiva del blocco delle grandi infrastrutture[ppp]. E’ l’ansia distruttiva che misuriamo sulla vicenda delicatissima come quella dell’Ilva di Taranto[ppp]. E’ l’ansia distruttiva! E’ l’ansia distruttiva che porta sempre, sempre, voi ad utilizzare parole, appunto, che meriterebbero quantomeno una riflessione più accorata[impl], proprio perché siamo in un tempo complicato e non è consentito al Paese giocare su queste scelte. Io sono preoccupato, non solo per la discussione che abbiamo vissuto in questi tre giorni. E’ vero, le opposizioni hanno fatto fino in fondo, nella loro pluralità, uno sforzo vero, propositivo. Voi, no! Voi, no! Voi, no! Voi avete deciso di alzare un muro, silenzioso, di gomma. E mi dispiace perché tra un po’, quando discuteremo insieme gli effetti di quello che andrete a votare tra poco, discuteremo di dati, discuteremo di tendenze che avranno indebolito il Paese. Abbiamo provato a costruire contro-proposte su tutto. Dalla questione delicatissima degli insegnanti[ppp]. Altro che dignità, il avete schiaffeggiati, nella loro dignità, nella loro dignità. Da quella questione, alla questione fondamentale di centrare tutto lo sforzo possibile delle istituzioni oggi a sostegno del lavoro a tempo indeterminato, a sostegno del lavoro stabile. Una proposta abbiamo fatto, innanzitutto. Portiamo tutte le energie che abbiamo, finanziamenti e non solo, per fare in modo che il tempo di lavoro indeterminato, il tempo di lavoro stabile costi meno del tempo di lavoro determinato. Non avete preso anche questo. Allora, guardate, guardi, caro Presidente, mi rivolgo a lei, mi rivolgo in particolare ai rappresentanti del governo. Voi non avete costruito la Waterloo del precariato. Questa è la Caporetto della vostra propaganda[ppp], è la Caporetto della vostra propaganda. Ma, il peggio è che rischia di pagarla il Paese, questa sconfitta. Io non sono contento perché sento, sento, come sentite voi, che il Paese ha bisogno invece di qualche segnale di certezza in più, in ragione di quello che ho provato a dire anche prima. E allora, un ultimo appello. Io mi aspetterei, caro Ministro Di Maio, che lei, alla fine di questo percorso parlamentare, abbia almeno l’umiltà di chiedere scusa agli italiani[impl] per la propaganda fatta su un valore come quello della dignità della persona[ppp]. Non si scherza con una questione come quella della dignità delle persone[impl]. La dignità non si dà per decreto. Abbia almeno il coraggio di riconoscere che l’ansia di propaganda che l’ha portata a titolare questo provvedimento dannoso per l‘Italia in quel modo[ppp+top] non è uno schiaffo alle opposizioni, è uno schiaffo agli italiani. [n. caratteri – 6.776]