Discorso di Giuseppe Conte alla Camera dei Deputati il 9 settembre 2019
Qui puoi vedere il video del discorso integrale (il più lungo discorso pronunciato da un Primo Ministro nella storia della Repubblica).
Signor Presidente, Gentili Deputate e Gentili Deputati.
Prima di avviare le mie comunicazioni in quest’aula, concedetemi innanzitutto di rivolgere un saluto e un ringraziamento al Presidente della Repubblica il quale, anche in queste ultime fasi, sì determinanti per la vita della nostra repubblica, ha esercitato con sccrupolo le proprie prerogative costituzionali, ha guidato il Paese con equilibrio e saggezza[ppp], ed è stato un riferimento imprescindibile per tutti. Oggi, ci presentiamo per chiedere a voi, rappresentanti del popolo italiano, la fiducia sul nuovo governo, che sarà mio compito guidare con disciplina e onore. Mosso dal primario obiettivo del perseguimento dell’interesse nazionale[ppp], ho sempre inteso il mio ruolo di Presidente del Consiglio come servizio al Paese[ppp]. Nell’esercitare le pulsioni di direzione e di guida della politica generale del governo, ho cercato di guardare sempre al bene comune[ppp], senza lasciare che prevaricassero interessi di parte o convenienenze di singole forze politiche[vag]. Il programma che mi accingo ad illustrare non è una mera elencazione di proposte eterogenee che si sovrappongono l’una sull’altra, né tantomeno è la mera sommatoria delle diverse posizioni assunte dalle forze politiche che hanno inteso sostenere questa iniziativa. E’, al contrario, una sintesi programmatica che disegna l’Italia del futuro. E’ un progetto di governo del Paese, fortemente connotato sul piano politico, che preannuncia specifiche risposte alle attese e ai bisogni dei cittadini[ppp]; risposte che ci impegniamo a realizzare con il lavoro e l’impegno delle donne e degli uomini che qui mi affiancano. E’ un programma che ha l’ambizione di delineare la società in cui vogliamo vivere noi stessi[ppp], che abbiamo già un po’ di anni sulle spalle, ma soprattutto la società che vogliamo consegnare ai nostri figli e ai nostri nipoti[ppp], nella consapevolezza che il patto politico e sociale, che oggi proponiamo a voi e ai cittadini italiani, si proietta necessariamente, per essere sostenibile, in una dimensione intergenerazionale. Questo progetto politico segna l’inizio di una nuova e, confidiamo, risolutiva, stagione riformatrice[ppp]. Come più volte hanno sollecitato le stesse forze di maggioranza è un progetto che presenta elementi e caratteristiche di forte novità. Nuovo è nel suo impianto progettuale. Nuovo nella determinazione a invertire gli indirizzi meno efficaci delle pregresse azioni[ppp]. Nuovo nelle modalità di elaborazione delle soluzioni ai bisogni dei cittadini alle urgenze che assillano la società. Nuovo nel suo sforzo di affrontare, con la massima rapidità, le questioni più sensibili, più critiche[ppp]. Nello stesso tempo, questo progetto, per quanto ben avanzato sul terreno dei contenuti[ppp], ambisce a recuperare, con umiltà, puntando sull’aiuto di tutti, un metodo di condotta politica che valorizzi, traendo ispirazione dal passato[ppp] – dal nostro migliore passato[ppp] – equilibri e misura, sobrietà e rigore, affinché i nostri cittadini possano guardarci con rinnovata fiducia, quella fiducia, nelle istituzioni, che è presupposto imprescindibile affinché l’azione di governo e, più in generale, le iniziative di tutti i pubblici poteri, possano rivelarsi realmente efficaci[impl]. E’ un progetto politico di ampia portata – se mi permettete – anche culturale. Vogliamo volgerci alle spalle il frastuono dei proclami inutili[ppp], delle dichiarazioni bellicose e roboanti[ppp]. Io e tutti i miei Ministri prendiamo il solenne impegno oggi, davanti a voi, a curare le parole, ad adoperare un lessico più consono, più rispettoso…un lessico più consono, più rispettoso delle persone, della diversità delle idee[ppp]. Ci impegniamo a essere pazienti anche nel linguaggio[ppp], misurandolo sull’esigenza della comprensione. La lingua del governo sarà una lingua mite, perché siamo consapevoli che la forza della nostra azione[ppp+top] non si misurerà con l’arroganza delle nostre parole. I cittadini ci guardano, ci ascoltano, attendono da noi una parola e un’azione all’altezza della funzione alla quale siamo chiamati. Si attendono da noi consapevolezza del ruolo e anche un supplemento di umanità. Non possiamo deludere le loro aspettative. Faccio mie le parole pronunciate da Giuseppe Saragat nella seduta inaugurale dell’Assemblea Costituente. “Fate che il volto di questa Repubblica sia un volto umano. Ricordatevi che la democrazia non è soltanto un rapporto fra maggioranza e minoranza. Non è soltanto un armonico equilibrio di poteri, sotto il presidio di quello sovrano della nazione. Ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste. Dove non sono umani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide”. Lavoriamo dunque insieme, ogni giorno, nelle aule parlamentari, nelle commissioni del Governo, per promuovere una democrazia autenticamente umana. In questa prospettiva il nostro governo si richiamerà costantemente a un quadro consolidato di principi e valori in grado di offrire respiro e orizzonte alle proprie politiche. Sono principi che ritengo non negoziabili perché universali. Essi si collocano in una dimensione sovragovernativa, non hanno colore politico. Sono i principi scritti nella nostra Costituzione e che, anche nei miei numerosi interventi pubblici, ho più volte richiamato, sintetizzandoli con la formula riassuntiva “nuovo umanesimo”. Il primato della persona, alla quale la Repubblica riconosce i diritti inviolabili e, allo stesso tempo richiede l’adempimento di inderogabili doveri di solidarietà, il lavoro come supremo valore sociale, in quanto rende ogni uomo cittadino pleno iure, in grado di concorrere, insieme agli altri, al progresso materiale e spirituale della società. L’uguaglianza, nelle sue varie declinazioni, formale, sostanziale, il principio di laicità e la tutela della libertà religiosa, il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti, la promozione della pace e della giustizia tra le nazioni. All’interno di questi valori, in questa cornice di riferimento, costituzionalmente caratterizzata, si ascrive la nostra azione riformatrice, racchiusa in un programma, del quale sarò il garante, il primo responsabile, che cercherò di tratteggiare, nelle sue linee essenziali, in questo mio intervento. Gli obiettivi che abbiamo posto a fondamento di questa azione di governo sono elementi essenziali di un progetto riformatore che mira a far rinascere il Paese nel segno dello sviluppo, dell’innovazione, dell’equità sociale[ppp]. Sono molte le sfide che ci attendono, a partire dalla prossima sessione di bilancio, che dovrà indirizzare il Paese verso una solida prospettiva di crescita e di sviluppo sostenibile, pur in un quadro macroeconomico internazionale, caratterizzato da profonda incertezza. Le tensioni commerciali in atto, le conseguenti difficoltà di settori cruciali, come quello manifatturiero, caratterizzato da una catena del valore ormai pienamente integrata tra i Paesi dell’Unione, ci obbligano a definire al più presto un’agenda riformatrice di ampio respiro, di lungo periodo, per far crescere le migliori energie dell’Italia[ppp] e concorrere a rilanciare la crescita sostenibile, l’occupazione, la coesione sociale e territoriale in Europa[ppp]. Non possiamo limitarci a porre in essere azioni che intervengano marginalmente nella struttura del nostro sistema-Paese. Abbiamo l’opportunità storica di imprimere una svolta profonda nelle politiche economiche e sociali, che restituisca una prospettiva di sviluppo, di speranza ai giovani, alle famiglie a basso reddito, oltre a tutto il sistema produttivo[ppp]. Da troppi anni, l’Italia fatica ad esprimere il proprio potenziale di sviluppo[ppp]. Cresce a ritmi molto inferiori rispetto a quelli che potrebbero garantire, sul piano sociale, ambientale ed economico, uno sviluppo armonico e sostenibile. Ne ha risentito la qualità della vità dei cittadini, la capacità dei giovani di perseguire, con piena fiducia, i propri progetti di vita, la garanzia di una terza età serena, la capacità di fornire una mano pubblica in grado di fornire bene i collettivi di qualità, senza i quali non è possibile coltivare nessuna prospettiva di progresso. Occorre dunque invertire questa tendenza attraverso un’azione coordinata, sul piano interno ma anche a livello europeo. La sfida sul piano interno è quella di ampliare la partecipazione, alla vita lavorativa, delle fasce di popolazione finora escluse[ppp]. Esse si concentrano soprattutto tra i giovani e le donne, particolarmente nel Mezzogiorno. Vogliamo offrire loro, come a tutti gli altri lavoratori, opportunità di lavoro, salari adeguati, condizioni di vita degne di un Paese civile, di un Paese che, fin dal 1948, ha sancito nella propria carta fondamentale il diritto del lavoratore a un’esistenza libera e dignitosa. Dobbiamo perciò rimuovere gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento di questo primario obiettivo[ppp], e che purtroppo sono riconducibili alle più varie cause. Acune di queste sono ascrivibili a dinamiche fortemente condizionate dalla nostra storia economica, e non possono certo trovare soluzioni immediate, ma richiedono una riflessione approfondita e sincera su come si è definita la struttura sociale e produttiva dell’Italia post-bellica, e su come essa, dopo un trentennio di straordinario sviluppo economico e sociale e civile, ha affrontato l’impatto delle profonde trasformazioni legate al nuovo ciclo della globalizzazione. Altre cause, invece, sono di più immediata evidenza, e conseguentemente possono essere affrontate – e anche, in prospettiva, risolte – attraverso una coraggiosa opera di riforma. Ne cito alcune: scarsa formazione e carente dotazione di conoscenze e di competenze, difficoltà di conciliare vita familiare e vita lavorativa. Scuole e università di qualità, asili nido alle famiglie, specialmente quelle con i figli, saranno dunque le prime leve sulle quali agire. Il primo, immediato intervento sarà sugli asili nido, non possiamo indugiare oltre[impl]. [13:55]