Grazie.

Il nostro pensiero, questa mattina, ovviamente, va innanzitutto a tutte quelle donne, quegli uomini, quei volontari, quegli operatori, quegli amministratori, infermieri, medici, militari, le forze delle istituzioni, quei cittadini e cittadine impegnate, in queste ore, a fronteggiare il Coronavirus, che in alcune regioni del nostro paese ha iniziato a farsi vedere, a colpire in maniera drammatica.

Ora, noi lo vogliamo dire: è il tempo della scienza.

E lo dico anche alla luce di alcune stupide polemiche che leggo sulle agenzie.

È il tempo della scienza, della buona sanità.

È il tempo della collaborazione, è il tempo di non sottovalutare nulla di quanto sta accadendo ed è il tempo di organizzarsi, ovviamente.

Ma è soprattutto il tempo dell'unità del paese per fronteggiare questa drammatica evenienza.

È il tempo della collaborazione massima ed è quello che, per quanto ci riguarda come democratici, noi faremo.

Da noi, da questo palco, da questa assemblea, innanzitutto arrivi la vicinanza e l'abbraccio alle famiglie delle prime due vittime italiane di questo virus, e un abbraccio a tutte quelle donne, quegli uomini, quei bambini, quelle bambine ancora in quarantena o in cura.

Sappiate che anche questa mattina - ora ci raggiungerà, qui, chi dello Spallanzani sta seguendo questa vicenda -, beh, ancora questa mattina, dallo Spallanzani, moltissime e moltissime donne, uomini, sono stati dimessi dopo la quarantena e dopo la cura.

Ecco, questo è un segno ovviamente di un pericolo rispetto al quale dovremmo vigilare, ma è anche il segno di una speranza che si può combattere.

E come Italia, come sistema paese, come Europa, affronteremo anche questa vicenda con questo spirito nazionale, unitario, rigoroso, scientifico.

Perché questo, da noi, ora si aspettano le italiane e gli italiani.

E, malgrado tutto, noi dobbiamo andare avanti.

Monitoreremo, ovviamente, giorno per giorno, quello che sta avvenendo, come stare in questo tempo, ma dentro una vicenda e giornate politiche - e vengo all'ordine del giorno - che, come sapete, sono e rimangono complesse, vive e difficili.

Direi: giornate politiche turbolente.

Ma noi siamo qua, dentro queste giornate turbolente abbiamo cose da dire e le diremo molto più uniti che in passato, perché siamo un partito plurale, ricco di idee.

Ma sono contento che questa assemblea coincide per la prima volta, dopo tanti anni, con organismi esecutivi e dirigenti unitari.

Perché abbiamo dato ascolto a quello che le piazze del nostro popolo, di fronte alla crisi italiana, ci ha sempre detto: "Andiamo avanti e facciamo di tutto per andare avanti, uniti e combattivi".

Io questo lo dico perché la frenesia della battaglia politica, le polemiche, gli scontri - anche quelle di questi giorni - non devono in alcun modo distrarci dal cuore dei problemi, dal senso profondo del nostro ruolo e della nostra iniziativa nelle prossime settimane.

E questo compito è chiaro, a mio giudizio: costruire e ridare speranza a questo paese.

In molti fuggono da questo naturale obiettivo della politica affinché essa abbia un senso.

Noi no.

Noi guardiamo alle persone, non vogliamo fuggire e siamo qui nuovamente per essere leali a quell'articolo 3 della nostra Costituzione, che nella seconda parte recita: "La Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono alla realizzazione dell'individuo".

E mi domando e vi domando: cosa c'è di più bello, per chi crede nella democrazia, che rifarsi a queste parole?

Invece la politica, quando è solo gestione del potere, è popolata da pensieri e culture regressive, dall'egoismo e dal cinismo.

E, allora, emergono i picconatori, i trasformisti seriali, che si nutrono delle tensioni e delle paure altrui.

Le destre parlano di problemi, esaltano le paure, giocano con la fragilità e l'insicurezza delle persone, indicano colpevoli e capri espiatori e si ergono a giustizieri.

Cascano poi sempre in piedi, si puliscono la giacca dalla polvere prodotta dai loro disastri e, con disinvoltura, si muovono, lasciando le macerie agli altri, alle proprie spalle.

Lo abbiamo capito e visto: la destra, diciamo da questa assemblea, non è la soluzione.

Sono i più bravi a cavalcare paure, a raccontare i problemi e sono i peggiori a risolvere i problemi che raccontano.

E questo è un grande spazio della loro debolezza, che il Partito Democratico vuole occupare, perché noi siamo altro.

Siamo qui perché amiamo la nostra patria, ne vediamo le immense potenzialità, anche in questo tornante così difficile della storia, vediamo anche l'urgenza di cambiare, se vogliamo costruire un futuro migliore, che però crediamo sia possibile costruire.

Facciamo, cioè, nostra quella bellissima esortazione di un grande presidente della Repubblica: Carlo Azeglio Ciampi.

Che saluto e che ricordo con un immenso affetto.

E quell'esortazione diceva: "L'Italia ce la farà".

E chiamiamo le italiane e gli italiani a cimentarsi con questa bellissima sfida, lanciamo questo segnale a chi fa impresa, chi lavora, chi commercia, chi fa l'artigiano, chi investe: cosa vuole, in fondo, in questo tempo?

Vuole farlo e vuole farlo senza minacce della criminalità, senza incubi burocratici, con infrastrutture decenti.

Chi studia, chi insegna, chi crea, chi ricerca: cosa vuole, in fondo?

Vuole farlo, vuole farlo senza vivere la precarietà della propria condizione, vedendo riconosciuto il proprio valore, insieme, contribuendo allo sviluppo del sistema paese.

Chi ha bisogno, chi, nella vita, vuole un'altra possibilità perché non ce l'ha fatta, è caduto, chi si sente solo di fronte all'immensità della vita: cosa vuole, in fondo?

Vuole una comunità di cui far parte, per ricevere e per dare.

Chi crede in un Dio, a un colore della pelle diverso da quello della maggioranza del suo quartiere, ha preso coscienza in piena libertà del proprio orientamento sessuale, in fondo, che cosa vuole?

Vuole vivere, vuole vivere senza paure, senza nascondersi, poter essere libero di camminare con la kippah in testa o mano nella mano, anche di notte, senza timore.

E fatemelo dire: dopo l'ennesimo terribile attentato xenofobo e razzista, nel cuore dell'Europa, chi come la senatrice Liliana Segre e come tanti altri testimoni della memoria racconta le proprie ferite ai ragazzi per evitare il virus dell'odio torni a colpire, deve essere ovviamente libero di farlo perché, in fondo, che cosa vogliono queste persone?

Vogliono vivere, vogliono vivere per quello che sono e hanno diritto a farlo.

Questa è l'Italia che vogliamo costruire e che le destre vogliono negare.

E per questo esistiamo, perché stiamo, perché sappiamo che tutto, anche nelle prossime settimane, avverrà nel conflitto.

Nel conflitto tra ceti produttivi e rendite parassitarie, tra lavoratori onesti e i soliti furbetti.

Un conflitto e uno scontro che sarà - prepariamoci - durissimo, perché questa è anche l'Italia dell'illegalità, dei soldi facili, della sopraffazione e delle mafie.

Ma noi, di questa battaglia, non abbiamo paura, perché nel nostro DNA ci sono persone come Pio La Torre e Piersanti Mattarella, che ci hanno insegnato qual è la strada per stare dentro questo conflitto.

Ecco perché il PD, ecco l'attualità, la forza del progetto del Partito Democratico, una forza per unire, per modernizzare l'Italia e per cambiare l'Europa.

Un'opera immensa e che ha bisogno di soggetti forti e nuovi della politica, altrimenti a decidere saranno sempre altri.

Distruggere è semplice, costruire è una missione.

Ma per unire l'Italia, si deve unire la politica.

Per questo è un errore drammatico, non per noi, ma per la nostra patria, sempre picconare, dividere, polemizzare.

Sempre cercare avventure solitarie che soddisfano qualcuno, ma non aiutano l'Italia ad essere un paese migliore.

Ma l'Italia ce la farà o questo è solo uno slogan?

Questa è la domanda alla quale noi dobbiamo una risposta convinta.

Io sono convinto che ce la farà.

L'Italia ce la farà, se cambia e cambiamo l'Italia.

È possibile, se insieme cambiamo la politica.

Il governo, con la manovra dicembre, ha salvato l'Italia.

Ora occorre un salto in avanti, cominciamo da qui.

Io difendo e mi sento pienamente partecipe dell'azione che si è realizzata in questi mesi.

Lo sappiamo perfettamente che questo governo non corrisponde a tutte le nostre aspirazioni.

È partito ad agosto da un atto di coraggio e da una scommessa alla quale sarebbe stato imperdonabile sottrarsi.

Tante volte le forze progressiste al governo hanno dovuto convivere - è inutile che lo neghiamo - con situazioni difficili, con alleati non meccanicamente in sintonia, con intese che, ogni volta, apparivano sul punto di realizzarsi.

Sì, ancora una volta - lo diciamo, lo ammettiamo, ma fa parte dello scontro politico -, ancora una volta e per ragioni di emergenza, per il bene della Repubblica, per ottenere risultati concreti, seppur parziali, siamo costretti a valutare, di volta in volta, le condizioni di una nostra responsabilità alla direzione della nazione.

Ma nel nostro caso, cosa sarebbe successo se non avessimo accettato di costruire questo governo, di accettare questa sfida?

Sappiamo anche questo: l'Italia sarebbe stata fuori controllo, l'IVA aumentata, lo spread schizzato alle stelle.

Saremmo entrati rapidamente in una zona assai prossima a una bancarotta devastante, con tutto ciò che ne deriva dal punto di vista economico, sociale e politico, per centinaia di migliaia di famiglie italiane.

Salvini avrebbe sicuramente tentato operazioni economiche e finanziarie che avrebbero fatto esplodere il debito e che ci avrebbero rapidamente messo fuori dall'Europa.

Al contrario, certo con fatica, ma per questo esistiamo, con noi si è realizzata una manovra di bilancio di grande serietà e, con le prime nette discontinuità rispetto al passato, siamo riusciti ad avviare una ripresa degli investimenti in settori strategici.

Il calo dello spread, dovuto all'affidabilità di una nuova classe dirigente rispetto a quella screditata dal passato, ha permesso di risparmiare miliardi di euro che sarebbero andati in fumo per gli interessi sul debito, ricordiamolo al paese.

Ogni volta, è impressionante, ogni volta che la destra perde, gli italiani guadagnano miliardi di euro da autorizzare per la crescita, per l'equità e per gli investimenti.

Dopo mesi, infatti, di sbandamenti e amicizie pericolose della destra italiana coi sabotatori dell'Unità Europea, abbiamo riallacciato un rapporto positivo nell'Europa, nel campo dello sviluppo, della difesa, del rapporto con le istituzioni comunitarie e siamo di nuovo autorevolmente presenti, anche grazie a nostre importanti personalità, a cui sono state affidate responsabilità enormi.

Penso a David - come ho ricordato prima - Sassoli o a Paolo come commissario all'economia.

Ma grazie anche a un ruolo combattivo, combattivo, come stiamo avendo in queste ore con Enzo Amendola, il nostro ministro, per avere dall'Europa un bilancio migliore e più credibile.

Ecco il modo di essere in Europa: autorevoli e forti per cambiarla.

Non subalterni per distruggerla, che invece era il ruolo, il destino alla quale la destra aveva legato il nostro paese.

L'abbassamento dello spread sul nostro debito, passato da 240 punti di agosto agli attuali 130, è il segnale inequivocabile di questa differenza.