Onorevole presidente , onorevole ministro , onorevoli colleghi .
Le difficoltà che il nostro Paese è chiamato a superare esigono certamente che il parlamento si muova nell' ambito delle proprie prerogative e competenze , avendo chiara la necessità di selezionare in modo prioritario le diverse spinte che vengono dal Paese .
La solidarietà , il superamento della disuguaglianza , il concetto di bene comune sono i principali parametri attraverso i quali occorre che il potere legislativo compia le necessarie scelte .
È in momenti come quelli che stiamo affrontando che si misurano le capacità del potere normativo di cogliere le effettive esigenze della popolazione .
A questo vanno uniti le necessità di compiere scelte che ci permettano di rimanere al livello dei Paesi più avanzati , il dovere di pensare alle politiche che guardano al futuro , in modo da consegnare il Paese alle generazioni che verranno in una situazione non compromessa , e una concezione delle riforme che riguardano le condizioni fondamentali dei cittadini che tenga conto della necessità di equilibrare maggiormente le situazioni , più che provocare differenze incolmabili .
Tutte queste necessità vanno certamente inquadrate in una visione più generale dello stato sociale , come noi lo dobbiamo intendere .
La profonda crisi che caratterizza in questi ultimi tempi il welfare state deve impagnarci più concretamente a proporre e portare avanti soluzioni ai problemi che interessano da vicino tutti i cittadini .
La crisi dello stato sociale , da un lato , ha certamente un carattere economico , a causa della gestione della spesa pubblica e dei suoi effetti inflazionistici , ma anche un marcato carattere ideologico , in quanto tale concezione incontra sempre più crescenti difficoltà nel garantirsi il consenso dei cittadini .
Tale aspetto deriva dal fatto che il welfare state è sempre più percepito come degenerazione assistenzialistica del sistema sociale e non come correttamente dovrebbe essere interpretato , e cioè come lo stato dei servizi sociali .
Per questo è giusto che il parlamento , massima espressione della rappresentanza popolare , si sforzi di supportare le proprie decisioni verificando l' impatto sociale che i propri provvedimenti comportano nei riguardi dei cittadini .
Gli obiettivi fondamentali che il parlamento deve proporsi nel valutare le conseguenze del proprio agire sulle situazioni sociali dovranno essere essenzialmente incentrati nel superamento di una concezione residuale e riparatoria dell' assistenza e sulla promozione dell' autosufficienza della persona e della solidarietà dei gruppi .
Il motivo fondamentale che ci deve guidare nel portare avanti gli impegni che la mozione in discussione ci indica , è quello del superamento delle disuguaglianze che ancora esistono in modo così massiccio nella nostra società .
La crescita della ricchezza , il miglioramento del tenore di vita , la diffusione dei consumi opulenti , rischiano di far dimenticare le persistenti disugualianze nella distribuzione di quelle risorse che concorrono a determinare la qualità della vita , e cioè l' istruzione , il lavoro , il reddito , la funzione dei servizi sociali , le condizioni abitative eccetera .
C' è da dire che sulla disuguaglianza è in atto un processo culturale e psicologico tendente a rimuovere il fenomeno e a minimizzarne la portata .
Un primo aspetto di questa tendenza è costituito dalla concentrazione dell' attenzione sulle nuove povertà , le povertà postmateriali , indipendentemente dalla mancanza di reddito .
Nel contempo si tende a considerare superata la vecchia povertà , quella economica , o quanto meno a sottovalutarne l' entità .
Al massimo si riconosce che situazioni di povertà economica sono presenti nel Mezzogiorno .
Un secondo aspetto della tendenza citata consiste nel ridurre la realtà della disuguaglianza all' esistenza , alle opposte estremità , di una fascia di poveri e di una fascia di ultraricchi , e nel collocare la grande maggioranza dei cittadini in una vasta area di ceti intermedi che non presenterebbe al suo interno rilevanti differenze nelle condizioni di vita .
Questa tripartizione della società non trova riscontro nella realtà .
I dati in nostro possesso , così come illustrati dal rapporto sulla povertà del 1985 della commissione Gorrieri , ci dicono che le situazioni reali sono ben differenti .
Esiste nella nostra società una fascia altamente privilegiata , comprendente il 15 per cento degli italiani .
Esiste una fascia del 47 per cento che viene considerata intermedia .
E vi è infine un 38 per cento di cittadini rappresentanti l' area del disagio economico , più o meno grave , comprese le situazioni di vera e propria povertà .
È quindi un panorama molto variegato quello che ci si presenta , e che mette in luce situazioni per le quali gli interventi devono necessariamente essere differenziati .
Un analogo quadro ci viene offerto anche da altre indagini , anche più recenti .
Mi riferisco alla relazione del CENSIS del 1987 e alle varie indagini della Banca d' Italia sui consumi delle famiglie italiane .
In questa situazione , un processo redistributivo di ampio respiro , quale è imposto da queste gravi disuguaglianze che ancora solcano la società italiana , deve investire innanzitutto risorse fondamentali , quali l' istruzione e il lavoro , l' una e l' altro concepiti nel loro duplice significato di fattori di promozione umana e di mezzi che permettono di procurarsi reddito .
Non rientra ovviamente nell' ambito di una riforma delle prestazioni monetarie il tema della promozione , dell' incremento , della redistribuzione delle due risorse citate .
Ma è bene avere sempre presente che gli strumenti di redistribuzione monetaria del reddito debbono svolgere una funzione complementare rispetto all' obiettivo primario di assicurare a tutti adeguati livelli di istruzione generale e di specifica formazione professionale , e all' obiettivo parimenti primario , di offrire a tutti la possibilità di accedere a proficuo lavoro .
Un terzo obiettivo deve proporsi una politica tendente al superamento delle disuguaglianze : quello di assicurare , in tutte le aree geografiche , un' adeguata offerta di servizi sociali .
Problema che chiama in causa l' efficienza e la efficacia di servizi di carattere generale , quali ad esempio quelli sanitari , ma che investe anche la dotazione di una rete di servizi sociali diretti a rispondere a specifiche e diversificate esigenze della persona e della famiglia .
La politica sociale deve proporsi la diffusione di uno standard minimo di servizi in tutte le aree del Paese , parte delle quali oggi ne sovrabbondano , rispetto alla domanda , mentre altre ne sono gravemente carenti , specie nel Mezzogiorno .
Non è superfluo sottolineare l' importanza dei servizi sociali , prima di tutto per la loro funzione , di per se stessa fondamentale , di sostenere e , ove occorra , surrogare l' opera di assistenza nei confronti dei più deboli , svolta dalla famiglia e dalle reti informali , che vanno da parenti e vicini a varie forme di volontariato e di semivolontariato .
In secondo luogo , alcuni servizi sociali permettono di agevolare l' accesso di entrambi i coniugi , e in particolare della donna , al lavoro extradomestico , con conseguente beneficio per il reddito familiare .
Infine i servizi possono svolgere una rilevante funzione redistributiva se , ferma restando l' offerta universalistica a tutti i cittadini , si estende la diversificazione dellecquote di concorso nei costi secondo fascecsociali di reddito familiare , da tempo praticata dai comuni di varie regioni , soprattutto del nord .
La politica dell' istruzione , dell' occupazione e dei servizi non sempre è risolutiva nella lotta contro la disuguaglianza .
In particolare , la diffusione dell' occupazione , che potrebbe esser determinante per la disponibilità di reddito , non è facile da realizzare con effetti immediati .
Inoltre , esistono , e purtroppo continueranno ad esistere , situazioni di povertà e di disagio economico derivanti da circostanze varie e complesse della vita .
Per questi motivi , uno stato democratico ha il dovere di intervenire , anche sul terreno della distribuzione monetaria del reddito .
Le decisioni in proposito sono spesso turbate dalla diversità di opinioni , che talora si manifestano in forme estremizzate , a favore o contro la cosiddetta monetizzazione degli interventi .
La linea cattolica sulla funzione della famiglia , e in essa della donna , assegna la priorità alle prestazioni monetarie .
La cultura nord-europea del welfare state , con le accentuazioni introdottevi dai movimenti femminili , ha puntato invece al massimo trasferimento possibile delle funzioni della famiglia a carico dei servizi pubblici .
La situazione di emergenza più sopra descritta esige uno sforzo di ricerca di soluzioni ragionevoli , il più possibile libere da condizionamenti ideologici .
Una soluzione ragionevole e rispondente alla domanda reale dalla gente deve basarsi su un mix di interventi , che comprenda l' uso combinato e complementare della politica dei servizi e della redistribuzione monetaria .
In particolare , la redistribuzione monetaria , fisco e trasferimenti , attuabile a livello nazionale deve proporsi un intervento di zoccolo , tendente a garantire il raggiungimento di un minimo di reddito spendibile a tutti coloro che dispongono di un reddito insufficiente per vivere .
L' intervento di zoccolo deve essere integrato , a livello locale , da un' ampia , diversificata ed elastica offerta di servizi , capace di rispondere in modo mirato alla varietà e specificità dei bisogni che emergono nelle realtà territoriali da parte di particolari gruppi sociali , nonché di singole persone o famiglie .
Questa , del resto , è la linea unanimemente proposta dalla commissione d' indagine sulla povertà , istituita presso la presidenza del consiglio .
Il tutto poi deve necessariamente tenere conto che il 95 per cento degli italiani vive nell' ambito di una convivenza di tipo familiare , e quindi le misure da proporre devono essere finalizzate alla famiglia , che è , e rimane , l' unità fondamentale di riferimento , anche dal punto di vista che stiamo trattando .