Signor presidente , onorevoli senatrici , onorevoli senatori .

È con grande emozione che mi rivolgo a voi come primo atto del percorso rivolto ad ottenere la fiducia del Parlamento al governo ieri costituito .

L' emozione è accresciuta dal fatto che prendo oggi la parola per la prima volta in quest' Aula , nella quale mi avete riservato , qualche giorno fa , un' accoglienza che mi ha commosso .

Sono onorato di entrare a far parte del Senato della repubblica .

Desidero rivolgere un saluto deferente al capo dello stato , presidente Napolitano , che con grande saggezza , perizia e senso dello stato ha saputo risolvere una situazione difficile in tempi ristrettissimi nell' interesse del paese e di tutti i cittadini .

Vorrei anche rinnovargli la mia gratitudine per la fiducia accordata alla mia persona , per il sostegno e la partecipazione che mi ha costantemente assicurato nei miei sforzi per comporre un governo che potesse soddisfare le richieste delle forze politiche e , al contempo , dare risposte efficaci alle gravi sfide che il nostro paese ha di fronte a sé .

Rivolgo il mio saluto ai presidenti emeriti della repubblica , ai senatori a vita e a tutti i senatori .

Mi auguro di poter stabilire con ciascuno di voi anche un rapporto personale come vostro collega , sia pure l' ultimo arrivato .

Il Parlamento è il cuore pulsante di ogni politica di governo , lo snodo decisivo per il rilancio e il riscatto della vita democratica .

Al Parlamento vanno riconosciute e rafforzate attraverso l' azione quotidiana di ciascuno di noi dignità , credibilità , autorevolezza .

Da parte mia , da parte nostra , vi sarà sempre una chiara difesa del ruolo di entrambe le Camere quali protagoniste del pubblico dibattito .

Un ringraziamento specifico e molto sentito desidero , infine , esprimere al vostro , al nostro presidente .

Il presidente Schifani ha voluto accogliermi , fin dal primo istante di questa mia missione - come potete immaginare , non semplicissima - , svoltasi , in gran parte , a Palazzo Giustiniani , con una generosità e una cordialità che non potrò dimenticare .

Rivolgo , infine , un pensiero rispettoso e cordiale al presidente , onorevole dottor Silvio Berlusconi .

Mio predecessore , del quale mi fa piacere riconoscere la , l' impegno nel facilitare , in questi giorni , la mia presa di successione a lui .

Il governo riconosce di essere nato per affrontare in spirito costruttivo e unitario una situazione di seria emergenza .

Io vorrei usare questa espressione : governo di impegno nazionale .

Governo di impegno nazionale significa assumere su di sé il compito di rinsaldare le relazioni civili e istituzionali , fondandole sul senso dello stato .

È il senso dello stato , è la forza delle istituzioni che evita la degenerazione del senso di famiglia in familismo , dell' appartenenza alla comunità di origine in localismo , del senso del partito in settarismo .

E io ho inteso fin dal primo momento il mio servizio allo stato non certo con la supponenza di chi , considerato tecnico , venga per dimostrare una asserita superiorità della tecnica rispetto alla politica .

Al contrario , spero che il mio governo e io potremo , nel periodo che ci è messo a disposizione , contribuire in modo rispettoso e con umiltà a riconciliare maggiormente - permettetemi di usare questa espressione - i cittadini e le istituzioni , i cittadini alla politica .

Io vorrei , noi vorremmo aiutarvi tutti a superare una fase di dibattito - che fa parte , naturalmente , della vita democratica - molto , molto acceso , e consentirci di prendere insieme , senza alcuna confusione delle responsabilità , provvedimenti all' altezza della situazione difficile che il paese attraversa , ma con la fiducia che la politica che voi rappresentate sia sempre più riconosciuta , e di nuovo riconosciuta , come il motore del progresso del paese .

Le difficoltà del momento attuale : l' Europa sta vivendo i giorni più difficili dagli anni del secondo dopoguerra .

Il progetto che dobbiamo alla lungimiranza di grandi uomini politici , quali furono Konrad Adenauer , Jean Monnet , Robert Schuman e vorrei molto sottolineare Alcide De Gasperi , e che per sessant'anni abbiamo perseguito , passo dopo passo , dal Trattato di Roma - non a caso di Roma - all' atto unico , ai Trattati di Maastricht e di Lisbona , è sottoposto alla prova più grave dalla sua fondazione .

Un fallimento non sarebbe solo deleterio per noi europei .

Farebbe venire meno la prospettiva di un mondo più equilibrato in cui l' Europa possa meglio trasmettere i suoi valori ed esercitare il ruolo che ad essa compete , in un mondo sempre più bisognoso di una governance multilaterale efficace .

Non illudiamoci , onorevoli senatori , che il progetto europeo possa sopravvivere se dovesse fallire l' Unione Monetaria .

La fine dell' euro disgregherebbe il mercato unico , le sue regole , le sue istituzioni .

Ci riporterebbe là dove l' Europa era negli anni cinquanta .

La gestione della crisi ha risentito di un difetto di governance e , in prospettiva , dovrà essere superata con azioni a livello europeo .

Ma solo se riusciremo ad evitare che qualcuno - con maggiore fondamento , con minore fondamento - ci consideri l' anello debole dell' Europa , potremo ricominciare a contribuire a pieno titolo all' elaborazione di queste riforme europee .

Altrimenti ci ritroveremmo soci di un progetto che non avremo contribuito ad elaborare , ideato da paesi che , pur avendo a cuore il futuro dell' Europa , hanno anche a cuore i loro interessi nazionali , tra i quali non c' è necessariamente un' Italia forte .

Il futuro dell' euro dipende anche da ciò che farà l' Italia nelle prossime settimane .

Anche : non solo , ma anche .

Gli investitori internazionali detengono quasi metà del nostro debito pubblico .

Dobbiamo convincerli che abbiamo imboccato la strada di una riduzione graduale ma durevole del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo .

Quel rapporto è oggi al medesimo livello al quale era venti anni fa ed è il terzo più elevato fra i paesi dell' OCSE .

Per raggiungere questo obiettivo , intendiamo far leva su tre pilastri : rigore di bilancio , crescita ed equità .

Nel ventennio trascorso l' Italia ha fatto molto per riportare in equilibrio i conti pubblici , sebbene alzando l' imposizione fiscale su lavoratori dipendenti e imprese , più che riducendo in modo permanente la spesa pubblica corrente .

Tuttavia , quegli sforzi sono stati frustrati dalla mancanza di crescita .

L' assenza di crescita ha annullato i sacrifici fatti .

Dobbiamo porci obiettivi ambiziosi sul pareggio di bilancio , sulla discesa del rapporto fra debito e PIL .

Ma non saremo credibili , neppure nel perseguimento e mantenimento di questi obiettivi , se non ricominceremo a crescere .

Ciò che occorre fare per ricominciare a crescere è noto da tempo .

Gli studi dei migliori centri di ricerca italiani avevano individuato le misure necessarie molto prima che esse venissero recepite nei documenti che in questi mesi abbiamo ricevuto dalle istituzioni europee .

Non c' è nessuna originalità europea nell' aver individuato ciò che l' Italia deve fare per crescere di più .

È un problema del sistema italiano riuscire a decidere e poi ad attuare quelle cose che noi italiani sapevamo bene fossero necessarie per la nostra crescita .

Non vediamo i vincoli europei come imposizioni .

Anzitutto permettetemi , e mi sentirete dire spesso questo : non c' è un loro e un noi .

L' Europa siamo noi .

E sono per lo più - quelli che poi ci vengono in un turbinio di messaggi , di lettere e di deliberazioni dalle istituzioni europee - , sono per lo più provvedimenti volti a rendere meno ingessata l' economia , a facilitare la nascita di nuove imprese e poi indurne la crescita , migliorare l' efficienza dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche , favorire l' ingresso nel mondo del lavoro dei giovani e delle donne , le due grandi risorse sprecate del nostro paese .

L' obiezione che spesso si oppone a queste misure è che servono , certo , ma nel breve periodo fanno poco per la crescita .

È un' obiezione dietro la quale spesso si maschera - riconosciamolo - chi queste misure non vuole , non tanto perché non hanno effetti sulla crescita nel breve periodo - che è vero che non hanno - , ma non vuole perché sono , perché si temono che queste misure , si teme che queste misure ledano gli interessi di qualcuno .

Ma , evidentemente , più tardi si comincia , più tardi arriveranno i benefici delle riforme .

Ma soprattutto : le scelte degli investitori che acquistano i nostri titoli pubblici sono guidate sì da convenienze finanziarie immediate , ma - mettiamocelo in testa - sono guidate dalle loro aspettative su come sarà l' Italia fra dieci , vent'anni , quando scadranno i titoli che acquistano oggi .

Quindi non c' è iato tra le cose che dobbiamo o fare oggi o avviare oggi , anche se avranno effetti lontani , perché anche gli investitori , che ci premiano o ci puniscono , agiscono oggi ma guardano anche agli effetti lontani .

Riforme che hanno effetti anche graduali sulla crescita , influendo sulle aspettative degli investitori , possono riflettersi in una riduzione immediata dei tassi di interesse , con conseguenze positive sulla crescita stessa .

I sacrifici necessari per ridurre il debito e per far ripartire la crescita dovranno essere equi .

Maggiore sarà l' equità , più accettabili saranno quei provvedimenti e più ampia - mi auguro - sarà la maggioranza che in Parlamento riterrà di poterli sostenere .

Equità significa chiedersi quale sia l' effetto delle riforme non solo sulle componenti relativamente forti della società , quelle che hanno la forza di associarsi , ma anche sui giovani e sulle donne . Dobbiamo renderci conto che se falliremo , se non troveremo la necessaria unità di intenti , la spontanea evoluzione della crisi finanziaria ci sottoporrà tutti , ma soprattutto le fasce più deboli della popolazione , a condizioni ben più dure .

La crisi che stiamo vivendo è internazionale , questo è ovvio ma conviene ripeterlo ogni volta , anche ad evitare demonizzazioni .

È internazionale - lo sto dicendo a tutti - ma l' Italia ne ha risentito in maniera particolare .

Secondo la commissione europea , al termine del prossimo anno il prodotto interno lordo dell' Italia sarebbe ancora quattro punti e mezzo al di sotto del livello raggiunto prima della crisi .

Per la stessa data , l' area dell' euro nel suo complesso avrebbe invece recuperato la perdita di prodotto dovuta alla crisi .

Francia e Germania raggiungerebbero questo traguardo , di riportarsi al livello pre-crisi , nell' anno in corso .

La relativa debolezza della nostra economia precede l' avvio della crisi .

Tra il 2001 e il 2007 il prodotto italiano è cresciuto di 6,7 punti percentuali , contro i 12 della media dell' area dell' euro , i 10,8 della Francia , gli 8,3 della Germania .

I risultati sono deludenti al Nord come al Sud .

E non vi propongo un paragone con la Cina o con altri paesi emergenti , ma con i nostri colleghi e amici stretti della zona euro .

La crisi ha colpito più duramente i giovani .

Ad esempio , nei 15 paesi che componevano l' Unione europea fino al 2004 , tra il 2007 e il 2010 il tasso di disoccupazione nella classe di età 15-24 anni è aumentato di 5 punti percentuali , in Italia di 7,6 punti percentuali .

Il nostro paese rimane caratterizzato da profonde disparità territoriali .

Il lungo periodo di bassa crescita e la crisi le hanno accentuate .

Esiste una questione meridionale : infrastrutture , disoccupazione , innovazione , rispetto della legalità .

I problemi del Mezzogiorno vanno affrontati non nella logica del chiedere di più , ma di una razionale modulazione delle risorse .

Esiste anche una questione settentrionale : costo della vita , delocalizzazione , nuove povertà , bassa natalità .

Il riequilibrio di bilancio , le riforme strutturali e la coesione territoriale richiedono piena e leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali .

Occorre riconoscere il valore costituzionale delle autonomie speciali , nel duplice binario di responsabilità e di reciprocità .

In quest' ottica , per richiedere - per rispondere , scusate - alla richiesta formulata dalle istituzioni territoriali , che ho ascoltato con molta attenzione , devo ...

PRESIDENTE : Per cortesia .

È meglio che ...

Se dovete fare una scelta - mi permetto di rivolgermi a tutti - , ascoltate , non applaudite !

Non ripeto il valore costituzionale delle autonomie speciali perché se no arrivano di nuovo applausi , ma l' ho già detto e lo avete ascoltato .

In quest' ottica , per rispondere alla richiesta formulata dalle istituzioni territoriali nel corso delle consultazioni , ho deciso in questa prima fase di assumere direttamente le competenze relative agli affari regionali .

Spero in questo modo di manifestare una consapevolezza condivisa che il lavoro comune con le autonomie territoriali debba proseguire e rafforzarsi , nonostante le difficoltà dell' agenda economica .

In tale prospettiva , si dovrà senza indugio operare per un uso efficace dei fondi strutturali dell' Unione europea .

Sono consapevole che sarebbe un' ambizione eccessiva da parte mia , da parte nostra , pretendere di risolvere in un arco di tempo limitato , quale è quello di questa fine legislatura , problemi che hanno origini profonde e sono radicati in consuetudini e comportamenti consolidati .

Ciò che ci prefiggiamo di fare è impostare il lavoro , mettere a punto gli strumenti che permettano ai governi che ci succederanno di proseguire un processo di cambiamento duraturo .

Per questo il programma che vi sottopongo oggi si compone di due parti , che hanno obiettivi e orizzonti temporali diversi .

Da un lato , una serie di provvedimenti per affrontare l' emergenza , assicurare la sostenibilità della finanza pubblica e restituire fiducia nelle capacità del nostro paese di reagire e sostenere una crescita duratura ed equilibrata .

Dall' altro , delineare con iniziative concrete un progetto per modernizzare le strutture economiche e sociali , in modo da ampliare le opportunità per le imprese , i giovani , le donne e tutti i cittadini , in un quadro di ritrovata coesione sociale e territoriale .