Allora, grazie.

Grazie a Daniela di questo invito.

Per me, veramente, è un onore parlare in questa sala che ormai è diventata una sorta di centro, di luogo, di grande agorà del dibattito pubblico di questa città.

In questa sala avvengono convegni importanti, incontri importanti - grazie: ho la moglie che mi fa da portatrice d'acqua, grazie.

E quindi, dicevo, per me è un onore essere qua ed essere ospite di Daniela Memmo.

Io penso che nel dibattito che stiamo creando in questi giorni, nella campagna elettorale, ci siano due immagini compresenti: da un lato, il problema dell'emergenza, il problema del degrado, il problema della sicurezza e dall'altro lato, la speranza di una Roma diversa, di una Roma che sia veramente a carattere internazionale e di una Roma che riesca a cogliere tutte le opportunità, tutte le potenzialità che sono iscritte nel suo DNA.

Sono due temi che spesso vengono tenuti separati ma che in realtà sono strettamente attinenti, strettamente collegati.

Io spesso parlo dell'emergenza, anzi parlo principalmente dell'emergenza e so, magari, di attirarmi anche la critica per cui uno dice: "Ecco, uno vuole essere il sindaco delle buche, vuole essere sindaco delle diverse emergenze e non pensa ai grandi progetti".

Anche ieri, nel dibattito televisivo, Rutelli ha provato a usare questa argomentazione.

Ma c'è un dato di fondo di cui io sono pienamente convinto e penso di poter avere il vostro consenso.

Vedete, se voi avete un figlio che dice: "Io voglio fare l'astronauta, voglio fare il professionista, voglio fare l'artista e altre cose", cosa gli dite?

Gli dite: "Svegliati la mattina, segui una disciplina, dai un'impostazione di fondo alla tua vita perché da questa disciplina elementare quotidiana costruirai i grandi progetti del tuo futuro".

Bene, io credo che alla nostra città, ma in particolare all'amministrazione di questa nostra città, deve essere fatto lo stesso tipo di ragionamento.

Forse, se leviamo questo sottofondo, viene anche meglio, grazie.

Ah, è fuori, è fuori, è il concerto di fuori, vi chiedo scusa.

Allora, dicevo che questa realtà è una realtà che deve partire da una capacità di rimettere sotto controllo la nostra vita cittadina e riuscire a realizzare un progetto che è fondamentale.

Cosa sta avvenendo nella nostra città?

La nostra città è su un crinale pericoloso perché 15 anni di buonismo, 15 anni di atteggiamenti lassisti, di ipocrisia, hanno determinato dentro la nostra città una sorta di processo a catena di tipo negativo.

Si è sparsa la voce in tutta Europa, in tutto il Mediterraneo, che a Roma si può venire a fare quello che a ognuno gli pare, questa voce attrae nella nostra città flussi migratori negativi - perché esistono anche i flussi migratori positivi e nessuno li vuol negare - e questo meccanismo ha fatto sì che tutte le condizioni fondamentali di vita della città sono saltate.

Veltroni, da questo punto di vista, ha fatto una scelta lucida, perché ha pensato e ha realizzato una sorta di distacco dalla realtà.

Lui ha rappresentato in maniera molto abile, molto elegante, uno scenario idilliaco, ha scaricato ogni responsabilità sul governo centrale - ogni volta che c'era un problema era sempre colpa di Berlusconi, era sempre colpa del governo di centro-destra, poi, quando quest'alibi è stato sottratto, non ha più molto funzionato - e ha operato questo distacco.

Per cui, cosa succedeva?

Se un tassista veniva aggredito, lui correva e la notizia il giorno dopo non era "l'ennesima aggressione", ma era il fatto che il sindaco era andato a portare solidarietà al tassista aggredito.

Se una donna veniva violentata, Veltroni correva e faceva la, si costituiva parte civile nei processi e quindi la notizia non era "la violenza a quella donna", era il sindaco che era così buono e così bravo da fare e da costituirsi parte civile rispetto a questa realtà.

Un abile distacco dalla realtà che guardate, in questi due anni in cui io ho fatto da capo dell'opposizione in Campidoglio, abbiamo cercato di contrastare.

Io gli ho parlato più volte, a Veltroni, gli ho detto: "Guarda, stai attento", ma gliel'ho detto anche a quattr'occhi, "Stai attento perché questa città sta andando fuori controllo, stai attento perché non ti stai rendendo conto della realtà".

Per due volte abbiamo fatto consigli comunali straordinari in questi due anni, in cui abbiamo posto questi problemi e Veltroni insieme a Achille Serra, ieri prefetto di Roma, oggi - non a caso - deputato del Partito Democratico, sono venuti lì a dirci: "Roma è una città sicura, è la destra che semina il panico".

Queste sono state le realtà.

Allora, vedete, di fronte a queste situazioni, va dato un segnale di svolta.

E un segnale di svolta chiaro, netto, che non lasci dubbi.

Da questo punto di vista, non c'è nessun continuismo possibile ed è impensabile affidare ancora la città a chi rappresenta lo stesso blocco di potere, e tra l'altro lo rappresenta in maniera ancora più stanca, e cioè: Francesco Rutelli.

Noi dobbiamo dare segnali precisi.

Noi dobbiamo dare dei segnali precisi che partano da un meccanismo di espulsioni, allontanamenti dei cittadini non italiani che hanno commesso reati.

Vedete, ci sono dati della questura molto precisi: ogni anno ci sono 35.000, 36.000 denunciati nella città di Roma, nel comune di Roma, di questi - sistematicamente - circa 20.000 sono cittadini non italiani.

Ora, queste persone, anche se non vengono condannate, anche se loro, nel lunghissimo corso della giustizia italiana non si arriva alla condanna, quando vengono rimesse in libertà o quando stanno in libertà, non possono rimanere sul nostro territorio cittadino, sul nostro territorio nazionale: devono essere espulse.

E questo è il primo segnale ineliminabile.

Secondo discorso: un patto vero sulla sicurezza a Roma da sottoscrivere con il governo.

Noi abbiamo fatto un patto con Roma, sottoscritto dal presidente Fini, dal presidente Berlusconi, oltre che da me e da Antoniozzi, in questo patto ci è detto con chiarezza che noi dobbiamo dislocare uomini in divisa che possono - poliziotti, carabinieri, vigili urbani -, che possono presidiare tutti i punti sensibili.

Io sono contrario sia all'ipotesi del braccialetto, sia all'ipotesi delle ronde dei cittadini perché a me non piace, a noi non piace una giustizia fai da te.

Non ci piace il braccialetto perché ci sembra una orribile umiliazione per le donne, oltre a essere una cosa ridicola in sé e, quindi, la respingiamo anche per un versante etico.

Ma non accettiamo neanche l'idea delle ronde perché, in realtà, la sicurezza la devono garantire persone in divisa che devono stare in tutti i posti sensibili.

Io sono stato, il giorno dopo l'aggressione alla studentessa del Lesotho, a vedere la stazione di La Storta, dove è stata fatta l'aggressione, ebbene, ho potuto constatare che lì non c'era né un poliziotto, né un carabiniere, né un vigile, né un addetto alle ferrovie dello stato, nessuno, il deserto dei tartari, un deserto terribile, assoluto, con impianti di illuminazione che funzionavano male, senza nessuna telecamera, senza nessuna, niente, ho visto tutto questo.

E quella stazione era stata indicata nell'elenco del XX Municipio delle stazioni a rischio ed era stato mandato a Veltroni, Veltroni si era impegnato con i suoi assessori a fare qualcosa, non è stato fatto niente.

Bene, tutte queste realtà indicano che ci vuole un patto con la sicurezza per ridistribuire la presenza di personale in divisa sul territorio e, infine, un commissario governativo, un commissario straordinario che gestisca tutto questo processo lavorando 24 ore su 24 a fianco al sindaco per dare questo segnale.

Se noi facciamo questo, il meccanismo si inverte.

Guardate che nel mese in cui il decreto legge sulle espulsioni e la sicurezza, fatto da Prodi su richiesta di Veltroni, è sembrato una cosa seria, in quell'unico mese che sembrava una cosa seria, già solo quell'effetto annuncia che è ridotto il numero dei reati e il numero di ingressi su Roma, già solo quello.

Immaginatevi se non riusciamo a dare un segnale forte e chiaro, da questo punto di vista.

E insieme a questo, l'altro segnale forte che deve essere dato: uno smantellamento del sistema di potere che è stato costruito in questi 15 anni su Roma.

Amici, io dicevo: "Come mai torna Rutelli?"

Beh, torna Rutelli da un lato perché non hanno costruito una classe dirigente per il futuro, dopo 15 anni non hanno un nome nuovo da lanciare per la città di Roma.

Ma dall'altro lato, il problema vero è che Goffredo Bettini - che è il grande regista di questo gruppo di potere - non vuole muovere nulla, vuole l'immobilismo assoluto, perché si è creato una cupola attorno a cui ruotano circa 5.000 clientes - fra clientes di partito, clientes di cooperative, clientes di sindacato - che vivono, che vivono, attorno a questo sistema di potere, sulle spalle di Roma.

Bisogna rompere questo meccanismo, il ricambio è necessario per aprire questa realtà.

Il che non significa prendersela coi dipendenti comunali, prendersela con i dirigenti comunali, con l'apparato pubblico.

Vedete, la sinistra è molto brava a rovesciare l'ordine dei fattori: se uno critica Rutelli e Veltroni, quelli rispondono: "Stai criticando Roma, stai offendendo Roma".

Se uno dice: "Liberiamoci del sistema di potere e del sistema clientelare che è stato costruito su Roma", ci dicono: "Voi volete mettere in discussione i posti e i ruoli dei dipendenti comunali o dei dirigenti comunali".

È esattamente il contrario.

Perché Rutelli è stato condannato con le famose consulenze?

Voi sapete che la Cassazione ha condannato Rutelli a pagare 64.000 euro di multa e tutta la sua giunta, complessivamente, 560.000 euro di multa per le consulenze, per danno erariale fatto con le consulenze da Rutelli.

Questo nell'anno 1994, appena insediato.

Perché questo?

Cos'era successo?

Era successo questo: che Rutelli, appena insediato, ha creato una sorta di dirigenza ombra sulla testa del comune di Roma, a fianco a ogni dirigente comunale ha nominato un consulente che svuotava di funzione quel direttore, quel dirigente comunale, e andava a coprire tutti gli addentellati dell'apparato.

E sono stati condannati, prima la Corte dei conti e poi la Cassazione con sentenza ultimativa, sono stati condannati per danno erariale proprio perché la Corte dei conti e la Cassazione ha riconosciuto il carattere politico e clientelare di quella operazione.

Sono stati loro che hanno delegittimato la struttura comunale e la struttura burocratica che deve reggere il comune di Roma, sono loro che li hanno demotivati e li hanno, magari, portati a dare delle performance negative nella città di Roma.

Noi dobbiamo voltare pagina, questo è il nostro impegno.

Se voltiamo pagina, Roma mette le ali, Roma mette le ali.

Perché quando loro dicono: "Bossi, Calderoli sono i nemici di Roma, Milano, Roma, eccetera", ma quale città al mondo, quale città in Europa, con tutto il rispetto di Milano, può eguagliare Roma nelle sue realtà fondamentali?

Chi può pensare una cosa di questo genere?

Roma diventa soggetto sotto concorrenza se viene amministrata male.

Se Roma viene avvolta nel degrado e nell'inefficienza, allora sì che può essere insidiata da Milano, insidiata da Madrid, da Berlino, da Parigi, eccetera - domani magari dal Cairo o da altre città del Medio Oriente o del Nordafrica.

Quindi i nemici di Roma, il problema di Roma non sono Bossi e Calderoli.

I nemici di Roma sono Veltroni e Rutelli, perché amministrano male la nostra città, questo è il problema fondamentale.

Allora, io dicevo: se noi rompiamo questo meccanismo, la nostra città decolla.

E noi abbiamo dei progetti precisi da questo punto di vista.

Noi vogliamo che Roma divenga realmente la capitale del nostro stato, in termini pieni: deve essere la capitale della repubblica, si deve sentire, quando si entra a Roma, che si è entrati nella capitale della repubblica.

Ed è per questo che abbiamo lanciato la proposta sottoscritta da Berlusconi e da Fini di fare il distretto federale di Roma Capitale, per dare veramente, finalmente, poteri speciali a Roma, che non può essere amministrata dalla stessa struttura che vale per il comune di Canicattì o per qualche altro comune di 5 o 10.000 abitanti.

Noi dobbiamo fare il distretto federale perché questo nuovo ente locale andrà a unire i poteri del comune, della provincia, a una parte dei poteri della regione e anche dello stato, per creare un governatorato forte sulla realtà di Roma, un'unica autorità che snellisca le burocrazie, che riduca le tasse, che dia un rapporto chiaro con i cittadini, questa è la nostra intenzione.

Perché sono 20 anni, 30 anni che si parla di poteri speciali per Roma, è dagli anni '80, dai tempi di Bettino Craxi che fu fatta la prima legge su Roma Capitale e da allora non si è più riusciti ad affrontare e a risolvere questo problema.

Roma deve avere dei poteri straordinari, un assetto istituzionale diverso, adeguato a una grande capitale europea, come avviene a Parigi, come avviene a Madrid, come - per altri versi - avviene a Berlino.

E questo è il primo grande progetto, anche perché così potremo trasformare Roma in un soggetto di federalismo fiscale.

Sapete, nei progetti del Popolo della Libertà c'è il federalismo fiscale.

Ebbene, il federalismo fiscale significa trattenere sul territorio una parte delle tasse che paghiamo.

Questo è importante non solo per le regioni del nord, è importante anche a Roma, perché noi paghiamo molte più tasse di quello che ci torna indietro coi trasferimenti statali, e quindi il federalismo fiscale serve anche a noi.

Noi vogliamo il federalismo fiscale per poter ridurre le tasse e per poter avere le risorse per fare le grandi trasformazioni di Roma.

E questo vale a livello nazionale.

Poi c'è un livello europeo, un livello europeo che vale sulla capacità di Roma di entrare nel network delle grandi metropoli globali, e vale anche per il Mediterraneo.

Roma ha quella invidiabile condizione di essere al centro del Mediterraneo.

Se noi sviluppiamo dei poli di eccellenza in questa città e utilizziamo le grandi potenzialità che ci stanno in campo sanitario, in campo universitario, come i servizi per le imprese e per l'industria, se facciamo questo sforzo, Roma torna a essere il centro naturale del Mediterraneo.

È qua che si deve venire a studiare, a curarsi, a creare una classe dirigente per tutti i paesi del Mediterraneo.

Non bisogna scavalcare Roma e andare verso il Nord Europa: qua c'è la realtà, se noi offriamo questi poli di eccellenza e qualifichiamo Roma.

E infine, la dimensione universale.

Roma è la capitale mondiale della storia dell'arte e della cultura.

Questa capitale mondiale non è conosciuta, il turismo che viene qui di cui tanto si vantano Rutelli e Veltroni è un turismo mordi e fuggi, che vede 5 monumenti, 6 monumenti e poi scappa via, che non conosce la enorme, complessa stratificazione culturale che c'è in questa città.

Noi - pensate - a Roma non abbiamo neanche un museo della città di Roma, della storia della città di Roma nel suo complesso, che racconti la storia di Roma dalla sua fondazione fino ai giorni nostri, diventando, in qualche modo, il passepartout per i turisti e per gli stessi cittadini romani che possono e debbono conoscere questi vari aspetti della realtà romana, in maniera tale da poter conoscere non soltanto la romanità antica ma il Rinascimento, tutte le varie realtà che si sono sedimentate incredibilmente in questa città.

Noi abbiamo bisogno di un grande processo di valorizzazione, che però non sia volto solo al passato.

Essere capitale della cultura significa diventare la città dei creativi.

Noi vogliamo che i geni, l'intelligenza, gli artisti, a Roma, abbiano ospitalità, tornino di nuovo qui per trovare un ambiente accogliente, per creare una cultura proiettata verso il futuro.

Questa è la nostra grande speranza.

A Roma ci sono 13 università!

Pensate quanta potenzialità c'è per sviluppare dell'eccellenza dal punto di vista culturale e dalla cultura creare industria, creare economia, creare grandi potenzialità.

Insomma, io credo che da questo punto di vista ci siano idee ben diverse da quelle rappresentate dalla realtà della sinistra, anche perché noi conosciamo l'identità di Roma.

Noi non ci dimentichiamo che Roma è la capitale del cristianesimo, non ci possiamo dimenticare di questo.

A Roma si è giunti persino - lo voglio ricordare, anche se è stato ripetuto tante volte -, si è giunto persino a non riuscire, in consiglio comunale, a esprimere solidarietà a Papa Ratzinger dopo i fatti della Sapienza.

E non si è riusciti a fare questo perché la sinistra, tra Partito Democratico e Sinistra Arcobaleno, non è riuscita a trovare un accordo, avendo la maggioranza in consiglio comunale, su quale ordine del giorno fare.

A un certo punto avevano tirato fuori un ordine del giorno che grossomodo funzionava così: si condannavano gli episodi avvenuti e si condannava in particolare il rettore in quanto, avendo invitato il Papa, aveva generato il meccanismo di questi incidenti.

Quindi la colpa era del rettore che aveva invitato il Papa, non era, la colpa, di quelli che avevano fatto, degli estremisti che avevano fatto le proteste e avevano creato quel clima lì.

Quindi questa realtà è una realtà che deve essere ripresa fortemente.

Pensiamo anche all'aspetto sociale: quale grande potenzialità rappresenta tutto il mondo dell'associazionismo cattolico, delle parrocchie, di questa rete vastissima che oggi viene depressa e, spesso e volentieri, marginalizzata dall'attività comunale.

Noi crediamo nel principio della sussidiarietà, e quindi crediamo che tutte le attività no profit, tutte le attività che vengono dal civile debbano avere protagonismo, non debbano essere subordinate alle burocrazie, a quelle che sono le clientele politiche o ad altre realtà.

È un enorme patrimonio che potrebbe dare enormi risposte di solidarietà alla nostra città.

Quindi noi parliamo di un progetto culturale che non è un progetto culturale estraneo all'identità di Roma, ma che affonda le sue radici nell'identità di Roma, non per fare una città confessionale, non per fare una logica chiusa ma consapevoli di quella che è l'anima universale di Roma.

Questo è il dato che noi vogliamo realizzare.

Ma tutto questo ha come base rimettere i piedi per terra, ha come base riprendere il controllo del territorio, ha come base riprendere quella tolleranza, quella capacità vera, quella disciplina vera che c'è dentro la nostra città e ci deve essere dentro la nostra città.

Fare un ragionamento di tolleranza zero rispetto a tutte le forme di illegalità, di degrado, di criminalità che sono presenti in questa città.

Dire no alla illegalità, anche quella che sembra marginale, è decisivo per sconfiggere la criminalità.

Pensiamo al degrado di tanti suq, più o meno arabi, che avvengono dentro al centro storico o in periferia, quando vediamo tante persone con la tovaglia per terra che vendono merci contraffatte, anche qua, a 100 metri, a 200 metri di distanza.

Ecco, tutte queste cose sono propedeutiche ai grandi sogni, ai grandi progetti, questa è la sfida.

Insomma, io voglio essere un sindaco in mezzo alla strada, un sindaco che guarda cosa succede, un sindaco che segue i lavori pubblici, un sindaco che sollecita i cantieri quando durano troppo, voglio essere un sindaco che sta vicino ai cittadini.

La politica a Roma deve rimettere i piedi per terra e, rimettendo i piedi per terra, potrà di nuovo riavere lo slancio per tentare i grandi progetti e le grandi prospettive.

Questo è il nostro messaggio, questo è il messaggio di cambiamento.

Il 27 e il 28 aprile si gioca una partita decisiva.

Dobbiamo affrontarla con chiarezza, con coscienza, con spirito di partecipazione.

Dobbiamo fare tesoro di questa grande sfida per rimettere in moto la partecipazione dentro la città.

Rutelli aveva cominciato da questa sfida pensando che fosse una passeggiata, aveva cominciato convinto di vincere al primo turno, aveva cominciato non sapendo le voragini che Veltroni aveva nascosto e occultato, gli si sono aperte improvvisamente davanti.

Oggi noi, col ballottaggio, abbiamo la possibilità di dire non soltanto quali sono le critiche a questi signori, ma di dire che c'è un'altra Roma diversa: una Roma che crede nella partecipazione, che crede nella cittadinanza attiva, che crede nella grande integrazione fra grandi valori e vita quotidiana, grandi valori e attenzione a quella che è la realtà quotidiana del cittadino.

Perché - e concludo - si è capitale morale per davvero se questo vale per ogni cittadino romano, per chi sta al centro e per chi sta in periferia, per chi vive in condizioni sociali agiate, per chi vive in condizioni sociali difficili.

Si è capitale morale se si è vicini a tutti i cittadini e si fa sentire la dignità di essere cittadini di Roma.

Vi ringrazio.