La presupposizione consiste nel presentare un contenuto come già noto al destinatario. In questo senso, non rende implicito il contenuto stesso, ma la responsabilità dell’emittente, che propone quel contenuto non come una sua opinione, ma come qualcosa di già condiviso. Il destinatario, se non è molto attento, ci casca e ha l’impressione di avere sempre pensato quella cosa. Se invece l’emittente asserisse la stessa informazione, il destinatario la sottoporrebbe a un rapido vaglio critico e sarebbe molto più capace di respingerla.
Un esempio famoso (già dall’epoca di Bertrand Russell e di Peter Federick Strawson) di espressioni che presuppongono sono le cosiddette “descrizioni definite”, cioè i sostantivi con l’articolo determinativo. Queste espressioni danno per scontata l’esistenza del loro referente. Usando l’articolo determinativo si dà ad intendere che il ricevente conosce già, e può identificare, la cosa designata: ho incontrato il ragazzo che esce con tua figlia risulta inappropriato se l’interlocutore non sa che sua figlia esce con un ragazzo. Insomma, usare l’articolo determinativo equivale a presentare quella informazione come già in possesso del ricevente, e non introdotta dall’emittente. In termini tecnici, si dice appunto che l’articolo determinativo presuppone l’esistenza della cosa designata dal nome. Per presentare un contenuto come non già noto al destinatario, cioè come non presupposto, si usa invece l’articolo indeterminativo: ho incontrato un ragazzo che esce con tua figlia. Quindi possiamo dire il sole, la terra, il papa, il governo o la finanziaria con articolo determinativo, perché le persone con cui parliamo conoscono già quei referenti; mentre non possiamo dire: ieri ho comprato lo scaffale dal ferroviere se il nostro interlocutore non sa di che cosa stiamo parlando; e dovremo piuttosto dire: ieri ho comprato uno scaffale da un ferroviere, presentando quei referenti come nuovi e senza presupporne l’esistenza.
Ma la comunicazione persuasiva sfrutta questa proprietà dell’articolo determinativo per trasmettere l’impressione che siano note e risapute informazioni che invece, a guardare meglio, si rivelerebbero false.
Ad esempio, la pubblicità di Jocca, con l’aria di parlare di quanto è magro, in realtà dà per scontata l’esistenza della cosa chiamata “la freschezza di Jocca”. Il destinatario neanche si accorge di accettare ipso facto e senza discuterlo un mondo in cui esiste ed è a tutti nota la freschezza di Jocca. Se invece gli dicessero in modo esplicito: “Jocca comunica una sensazione di freschezza”, sarebbe stimolato a vagliare criticamente questa informazione: farebbe il confronto con i veri formaggi e ne trarrebbe su Jocca conclusioni autonome. Questo vaglio critico viene eluso, presentando come presupposto – non per caso – proprio il contenuto che più conta nella scelta di un formaggio dietetico: l’idea che sia piacevole. Lo stesso avviene per “il nuovo gusto” e “i peccati di gola” nelle altre due pubblicità qui mostrate; complice anche la vaghezza di queste espressioni, che le fa suonare positive ma rende ben difficile riconoscerle false o esagerate.
Più in generale, spesso le presupposizioni si usano per informare, in maniera spiccia, di contenuti nuovi: apri la porta presuppone che la porta in questo momento sia chiusa. Cioè, dicendolo fingo di non essere io ad informare il mio interlocutore che è chiusa, come se lui lo sapesse già. In teoria, se lui non lo sa, dovrei prima dirgli: La porta ora è chiusa; e poi potrei dirgli: aprila. Ma è più semplice presupporre che lui lo sappia, e informarlo indirettamente di questo mediante l’implicito contenuto nel verbo con cui gli dico di aprirla. Allo stesso modo, dicendo: Sai, tua moglie ha smesso di vedersi col panettiere, presuppongo che prima ci si vedesse. Cioè, lascio intendere che il mio interlocutore lo sappia già, e che non sia io ad informarlo. Insomma, non mi assumo la responsabilità di quella opinione, ma piuttosto la addosso a lui. Questo tipo di impliciti è particolarmente adatto in sede persuasiva, perché permette di far accettare contenuti che altrimenti rifiuteremmo. Una pubblicità come Lascia che Philips ti apra gli occhi! presuppone un contenuto che, se asserito direttamente, troveremmo falso e offensivo: “tu stai vivendo con gli occhi chiusi!”.
Lasciamo a voi di scoprire lo stesso meccanismo nelle altre due pubblicità qui riprodotte, oppure di leggerne qualcosa in quest’altra pagina: Persuasione implicita.
La comunicazione politica è gremita di presupposizioni, spesso di contenuti non solo ignoti ai destinatari, ma anche discutibili o addirittura falsi. Riportiamo i seguenti brevi brani da discorsi politici, indicandone tra parentesi l’autore e facendoli seguire da una esplicitazione del contenuto che è insinuato come presupposto, e che nella maggior parte dei casi se asserito suonerebbe almeno esagerato:
– Per rendere umana l’Europa e riportarla ai suoi valori, alle sue origini. (Renzi) – L’Europa non è umana, e ha perduto i suoi valori.
– Perché liberarsi da quella gabbia criminale che è l’euro significa tornare a lavorare, ma tornare ad avere dignità, a programmare il futuro con la famiglia, a poter avere i soldi per portare i bimbi all’asilo nido, e a recuperare il sorriso. (Salvini) – L’euro è una “gabbia criminale”, abbiamo perso il lavoro, la dignità, non programmiamo più il futuro con la famiglia, non abbiamo i soldi per l’asilo nido, abbiamo perso il sorriso.
– Quei soldi usiamoli in Africa, per aiutare quei paesi a crescere, invece di illudere milioni di disperati che in Italia c’è un futuro che non c’è più. (Salvini) – Si stanno illudendo milioni di disperati. In Italia non c’è futuro.
– È un rapporto che è stato turbato dagli scandali recenti, provocati da qualche vecchio mestierante della politica, dal discredito prodotto dalla cattiva politica, dal clima di intimidazione che si è affermato nei confronti del cittadino contribuente, e soprattutto dal sovvertimento della volontà degli elettori. (Berlusconi) – Sono realtà note a tutti e indiscutibili, la cui esistenza si può dare per scontata, il fatto che i miei avversari sono vecchi mestieranti della politica che provocano scandali, il fatto che la loro è cattiva politica, il fatto che agiscono in modo intimidatorio nei confronti del contribuente, e che sovvertono la volontà degli elettori.
– Per noi liberali, lo sapete bene, lo Stato deve porsi al servizio dei cittadini; per pochi altri, Sinistra e non solo Sinistra, vale l’opposto. (Berlusconi) – I liberali siamo solo “noi”, cioè chi sta con me.
– L’Italia è più forte delle paure che l’attraversano. E l’Italia è in grado di incidere nel percorso che si apre in Europa con molta decisione. (Renzi) – L’Italia è attraversata da paure. Con il mio “avvento” si apre un nuovo “percorso” in Europa.
– Nel mezzo, c’è il grande spazio per il cambiamento possibile. L’idea di riportare l’Europa ad essere il luogo della speranza dei cittadini e delle famiglie, delle lavoratrici e dei lavoratori, e delle imprese. Questo è il nostro sogno. (Renzi) – È desiderabile un cambiamento. L’Europa in questo momento non è un luogo di speranza per nessuno. Ciò che anima me e i miei seguaci è nientemeno che un sogno.
– Gli altri chiacchierano, noi continuiamo a lavorare per il grande cambiamento. (Berlusconi) – Noi stavamo già lavorando per “il grande cambiamento”.
– È inaccettabile che l’Italia sia uno dei pochissimi Paesi occidentali dove la massima carica dello Stato sia decisa, nel chiuso di qualche stanza buia e fumosa, da tre o quattro capipartito, alle spalle degli elettori. (Berlusconi) – È un dato di fatto che il Presidente della Repubblica viene deciso da alcuni capipartito in una stanza buia e fumosa e alle spalle degli elettori.