La vaghezza è il fatto che un’espressione linguistica abbia un contenuto non ben precisato. Tipicamente, un’asserzione vaga può suonare positiva e attirare consenso anche se, andando a guardare meglio, non significa niente. Usando espressioni vaghe i politici convincono la gente di condividere le loro opinioni e di identificarsi con le loro proposte, anche se in realtà delle vere proposte non le hanno formulate. Ogni contenuto definito con precisione incontrerebbe fatalmente l’accordo di pochi e il disaccordo di molti; quindi non conviene essere onesti: conviene invece far credere a tutti di essere d’accordo con loro, usando espressioni vaghe a cui ognuno darà il senso che preferisce. Questo è ciò che fanno, ad esempio, i vaghi rifiuti formulati nei cartelloni della campagna elettorale 2006 che mostriamo qui: Persuasione politica, oppure le pubblicità di prodotti dietetici commentate qui: Presupposizioni; ma il procedimento è pervasivo.
Ecco, prima, alcuni esempi di vaghezza da pubblicità commerciali. Si osservi che, al di là dell’ovvia simpatia del messaggio, resta in tutti i casi praticamente impossibile stabilire a che cosa esso si riferisca nella realtà; a quali eventi, azioni, oggetti:
Apple. Think different.
Nike. Just do it.
Audi. Al di sopra della mischia.
IKEA. Ci ispiriamo alle persone, disegniamo soluzioni.
Microsoft. Your potential. Our passion.
Coca-Cola. Stappa la felicità.
Samsung. Molto più di uno smartphone.
Nella prosa dei politici abbonda lo stesso procedimento. In tutti i casi che qui esemplifichiamo, né il discorso precedente né il seguito hanno chiarito a che cosa si riferissero le espressioni vaghe. Facciamo seguire ogni esempio dal nome del suo autore tra parentesi, e da una nostra sintetica domanda che sottolinea la mancanza di contorni chiari di cui si avvale il messaggio:
– A me interessa prendere un voto in più di Renzi per fare, voglio iniziare a fare dal governo, non dall’opposizione. (Salvini) – Ma fare CHE COSA?
– Noi dobbiamo dire qui che il passato non ci basta e il futuro è casa nostra. (Renzi) – CHE COSA non ci basta del passato, e IN CHE SENSO il futuro è “casa nostra”?
– E allora il Partito Democratico in queste elezioni ha un compito pazzesco, che è quello di andare a costruire pezzettini di futuro proprio mentre tutti ci dicono che l’Italia è finita […] (Renzi) – A QUALI CONCRETE AZIONI corrispondono questi “pezzettini di futuro”? CHI sono questi “tutti” che dicono che l’Italia è finita? FINITA IN CHE SENSO?
– Dobbiamo osare, dobbiamo avere il gusto della sfida, la forza della sfida, e ci saremo per tutti. (Salvini) – Qui non si sa quasi che cosa domandare :-))
– Ricostruzione della fiducia e della speranza. Ricostruzione di una democrazia costituzionale piena e funzionante. Ricostruzione di un patto sociale e di sviluppo sostenibile. Di una nuova mappa di diritti umani, civili, sociali e insieme di nuovi doveri e responsabilità verso gli altri. (Bersani) – Ok, come non essere d’accordo: ma quindi, CHE COSA vuoi fare?
– Ora appare già credibile e possibile una nostra ripresa, e credo che i nostri avversari avvertano che molto sta cambiando e che essi stessi non potranno restare fermi. (Veltroni) – Ripresa in che senso? Che cosa sta cambiando? Restare “fermi” riguardo a cosa?
– Chi è in basso […] deve poter credere che il futuro è nella sua mente, nel suo cuore, nella sua determinazione. E in più, se cade, deve poter trovare una rete che lo salvi e gli consenta di ricominciare a sperare. (Veltroni) – di che cosa stai parlando? Questa rete in che cosa potrebbe consistere? Sperare che cosa?
– Diciamo a tutte le donne e gli uomini che vestono una divisa […] che nessuno di noi mai proverà a tirarli per la giacchetta come è stato fatto in questo periodo. (Renzi) – Che cosa intendi precisamente con “tirarli per la giacchetta”? E chi l’ha fatto